Incontri letterari: con Zolla e Del Noce le due vie del pensiero spiritualista

8 Ago 2023 14:11 - di Antonio Saccà
Del Noce Zolla

Nei ricordi del passato, rendendolo presente, mi sovvengono Elemire Zolla ed Augusto Del Noce. Oltretutto oggi attuali più che nel loro tempo, quando furono inattualissimi. Con Elemire Zolla ebbi un’amicizia annunciata e rapidamente chiusa. Fu quando, negli anni che sovente ho ripresentato, tra Sessanta e Settanta del secolo andato, stavo per pubblicare, su “Nuovi Argomenti”, il “Saggio sulla letteratura italiana attuale”, che prese metà del fascicolo, cento pagine in caratteri minuscoli. La faccenda si seppe, oltretutto con Moravia ebbi amicizia e con le sue frequentazioni. Etra i molti,  Elemire Zolla. Aveva scritto un testo che mosse la cultura: “Eclissi dell’intellettuale”, con grave polemica verso gli uomini di cultura, la svendita, il cedere al mercato, il confondere impegno politico con l’arte. Che passasse per “reazionario” fu inevitabile. A quei tempi chi non era “impegnato” non era artista né pensante. Io vivevo contrastato.

Il pensiero spiritualistico

Ritenevo opportuno che esistesse nell’intellettuale e nell’artista una eticità per la giustizia, la libertà, che intellettuali e artisti fossero propositivi, ma apprezzavo l’arte o le convinzioni pure dicoloro che avevano idee non ottimistiche. Pertanto il timore che l’artista e l’intellettuale si degradassero – o per servire la politica o per servire il mercato non lo respingevo-. Zolla era malato di tubercolosi. Le volte che lo vidi stava a letto. Sudava, febbricitante. Con qualche difficoltà di respiro. Ma era interessato a discorrere. Io temevo di stancarlo. Gli chiedevo in che avrei potuto aiutarlo. Gradiva la mia attenzione, pur negando bisogni. Non rammento quante volte lo vidi. Sempre a letto, sempre ad asciugarsi il sudore. Ricordo ancor meno quel che ci dicemmo. E’ certo che si colloquiava con piacere, Zolla era sereno, Aspettavo che leggesse quanto gli dedicavo. E fu quando il “Saggio” uscì che avvenne l’imprevisto. Mi disse Moravia: “Lei è un ingenuo!”. Me lo disse  perché gli avevo riferito la telefonata con Zolla, a mio Saggio pubblicato. A Zolla, non appena mi sentì, sgorgò un diluvio di rampogne contro di me. Rimproverandomi persino di avere offerto aiuto ad un malato mentre concepivo critiche alla sua opera. Era così, ma io mi ritenevo leale nell’uno e nell’altro atteggiamento. Non avrei mai supposto che la divaricazione delle convinzioni dovesse recare malanimo nelle relazioni umane. Come che sia, avvenne. Ma è l’inizio.

I tempi in cui la cultura spiritualistica era invisa

A quel tempo il pensiero spiritualistico, non necessariamente vincolato a una religione peculiare o preferita, non aveva buona accoglienza. Lo “spirituale” veniva giudicato un fuggire dai problemi sociali, dalla storia; un cercare o trovare illusorie vie di scampo dai problemi terreni o evitarli. Che esistesse un bisogno dell’uomo di indagare l’aldilà, la creazione, il male, il mistero del Tutto, di sentirsi uniti nell’ Uno, di pregare, di rinunciare al benessere, di non considerare risolutiva la scienza: queste posizioni erano marchiate e ostracizzate. Più ancora prospettare aristocrazie dello spirito, senso della qualità… Zolla, invece, si gettò in questa temperie, la suscitò, anzi, e ne vennero guerre. I testi che Zolla curò sulla spiritualità, una raccolta vastissima di autori , furono una contro storia. In quegli anni ufficialmente si discuteva di proletariato e socialismo, giustizia e lotta di classe, anche se, oscuramente e senza avvedercene, proletariato, socialismo e lotta di classe venivano sommersi dall’integrazione nella società del benessere: società avversata da Zolla non meno di quella democratica di sinistra.

Zolla e Del Noce a confronto

Sulle pagine di una rivista anomala, “Il pensiero nazionale”, e, mi pare, su “Mondo Nuovo”, puntavo Zolla come Augusto Del Noce quali restauratori di una spiritualità vetusta e propugnatori di una convinzione così riassumibile: senza Dio l’uomo si perde e la storia naufraga nel nichilismo. Questo specialmente in Del Noce. Zolla era uno spiritualista che non aveva un Dio riconoscibile come il Dio cattolico di Del Noce. Oggi queste concezioni sono ripresentate ma il clima culturale è ben diverso. Allora chi sosteneva che senza Dio l’umanità si annichiliva era una farfalla rarissima. Non fui convinto allora né lo sono adesso dell’equivalenza tra nichilismo e ateismo. Scrissi un libro, “Ideologie del nichilismo” sull’argomento(1972). Tuttavia oggi riconosco che la critica al pensiero spiritualista era incapace di cogliere problemi essenziali: la morte, l’aldilà, il mistero dell’essere, il valore del singolo. Il marxismo li trascurava o li risolveva mediante il Comunismo . Al dunque, io stesso capii l’asfissia del marxismo e in “Contro la ragione”, (1974), e con “L’assoluto privato”(1977) lo criticai in termini esistenzialistici e individualistici pur non spingendomi in campo spiritualista.

La storia senza spiritualità naufraga

La mia avventura culturale si svolse in modo che una personalità che mal giudicavo e che molto se ne dispiaceva mi divenne, se non amico, compagno di strada, Augusto Del Noce. Quando mi assestai nella critica al marxismo per i limiti esistenziali, per intervento di Fausto Gianfranceschi collaborai non solo a “Il Tempo”, diretto da Gianni Letta ma pure alla rivista “Prospettive nel Mondo”, diretta da Gian Paolo Cresci. Del Noce vicampeggiava, e, scherzi della vita, mi chiese che gli recensissi “Il suicidio della rivoluzione”, il che avvenne. Zolla non riconduceva la spiritualità alla distorsione sociale, quasi che, se l’uomo avesse costruito la società comunista, il bisogno di rivolgersi a Dio o all’Uno o al Mistero cessasse. Per Zolla, comeper Del Noce, l’uomo aveva una tensione al soprastorico, che chiamiamo “divino” per uso linguistico, ma, in Zolla, era il sacro, l’estasi, il misticismo, l’ascesi, un rapporto tra uomo e realtà non di ordine materialistico. In Del Noce il divino era un Dio precisabile, cattolico, la cui perdita, sempre per Del Noce, disorientava gli uomini, li rendeva agitati in un procedere privo di significato. Del Noce era un uomo dagli occhi larghi, signorile, dall’oratoria lunga, articolatissima, interiorizzata, certo pagò la sua visione che senza Dio la Storia è dispersione. In quei tempi si credeva all’uomo esclusivo conduttore del suo proprio cammino.

Come che sia, Zolla e Del Noce ritenevano che la storia senza spiritualità o senza una direzione superiore naufragasse nella tecnologia o nell’economicismo. E ne saremmo usciti sconfitti a destra e a sinistra. In effetti l’idea che salvata l’economia e favorita la tecnologia chi sa quali mete avremmo ottenuto non è sostenibile. Se l’arte, la cultura, lo “spirito”, non necessariamente spiritualistico, la problematica esistenziale, la qualità non costituscono “mete”, ogni efficientismo economico-tecnologico è a fondo perso. Ed è questione attuale, si condividano o meno le vie di uscita di Zolla e di Del Noce, che, in ogni caso, e mi è doveroso dirlo avendoli criticati, compresero che la “filosofia” economicistico-tecnologica riduceva nell’uomo l’umano esistenziale..

 

 

 

 

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