Palermo: il minore ammette lo stupro di gruppo, il gip lo scarcera. La Procura fa ricorso
Ha ammesso lo stupro uno dei sette ragazzi arrestati con l’accusa di violenza sessuale per lo stupro di gruppo della ragazza di 19 anni aggredita e ripetutamente violentata dal branco il 7 luglio scorso in un cantiere abbandonato di Palermo.
Il ragazzo, diventato nel frattempo maggiorenne, pochi giorni dopo la violenza, nel corso dell’interrogatorio davanti al gip del Tribunale dei Minori, ha ammesso le sue colpe.
Ad inchiodarlo ci sono anche i video raccolti dagli investigatori oltre a una foto in chat con gli amici.
Al termine dell’interrogatorio di garanzia la gip, Alessandra Puglisi, ha scarcerato il ragazzo e ha deciso il trasferimento in comunità.
Ma la procuratrice dei minori, Claudia Caramanna, ha fatto ricorso contro la decisione della gip per chiedere che il ragazzo torni in cella.
E saranno interrogati oggi dal gip altri tre dei sette giovani palermitani (nella foto, ripresi da alcune telecamere di sorveglianza) arrestati venerdì scorso per lo stupro della ragazza.
I giovani, che compariranno davanti al gip, dovranno spiegare quanto accaduto la notte del 7 luglio al Foro Italico di Palermo quando, secondo l’accusa, avrebbero violentato a turno la presunta vittima dopo averla fatta ubriacare.
A incastrare i sette dello stupro di gruppo, oltre alla denuncia della ragazza e ai referti dei medici dell’ospedale, ci sono anche le immagini di alcune telecamere di sorveglianza che hanno ripreso il tragitto dalla Vucciria, nella zona della movida dove avevano trascorso la serata, fino al cantiere abbandonato del collettore fognario. Lì sarebbe avvenuto lo ‘stupro di massa’, come avrebbe poi ammesso uno degli indagati coinvolgendo così tutti gli altri complici, uno dei quali, all’epoca, minorenne.
È intanto caccia ai telefonini dei sette ragazzi per cristallizzare le prove dello stupro: alcuni cellulari sarebbe stati seppelliti sotto terra per sottrarli agli investigatori che stanno ricostruendo tutta la vicenda anche grazie ai messaggi che si sono scambiati i giovani, alcuni molto crudi, e ai video, rinvenuti da una prima analisi, negli apparati.
Intercettati dai carabinieri mentre si trovavano in caserma, Samuele La Grassa ed Elio Arnao, due degli arrestati, parlano della necessità di far sparire i telefoni, uno dei quali era stato “sepolto” sotto terra: “Poi mi scrivi su WhatsApp dove l’hai messo”, dice La Grassa ad Arnao. Che replica: “Cosa, il telefono? Neanche in una pianta è… era in un magazzino, pure in un punto sotto terra. Lo sappiamo solo io e Francesco. Te l’ho detto, devi sempre avere qualcosa nascosta”.
Dagli atti del gip emerge, fra l’altro, che due dei giovani accusati di stupro ad un certo punto avevano anche deciso di punire la vittima perché perché aveva denunciato l’accaduto: “Ti giuro, stasera mi giro tutta la via Libertà e mi porto la denuncia nella borsetta… gli dico guarda che cosa mi hai fatto e poi gli do una testata nel naso”, scrive uno dei due di Whatsapp.