Peste d’acqua: è allarme in Piemonte e sul lago Maggiore. La specie aliena arriva dagli acquari casalinghi
Arriva un altro allarme ambientale per le acque italiane, dopo il granchio blu: il pericolo si chiama Elodea nuttallii, meglio nota come peste d’acqua. La pianta acquatica aliena, originaria del Nord America, che ha infestato ultimi quattro chilometri del corso Toce, il grande fiume che scende dalla Val d’Ossola e si getta nel lago Maggiore. Una vera e propria “invasione” che si estende su una superficie di circa 7 ettari e che è arrivata anche in profondita’.
Peste d’acqua: la pianta aliena che devasta l’ecosistema
Un fenomeno tanto inquietante quanto sorprendente: la pianta sarebbe arrivata in questa zona del Piemonte a causa dello svuotamento di acquari casalinghi, nei quali viene usata come ornamento. Si tratta di una pianta molto dannosa per l’ecosistema, specifica l’ente di gestione delle Aree protette del Ticino e del Lago Maggiore, per la sua capacità di adattarsi alle condizioni ambientali e di crescere rapidamente. Sottrae infatti ossigeno alle piante autoctone e finisce per sostituirle. L’Ente Parco sta programmando un intervento per provare a risolvere il problema, ma i fondi disponibili sono pochi.
Tra l’altro l’Elodea nuttallii sta infestando anche il Lago d’Orta nel territorio di Orta San Giulio e, sempre sul Maggiore, la zona di Baveno. E non si tratta dell’unica pianta aliena: è stata individuata i fatti anche la Ludwigia grandiflora, un’altra pianta acquatica invasiva.
Le conseguenze dell’invasione: la distruzione di tutte le altre piante
Grazie alla sua rapida crescita e alla sua grande adattabilità alla qualità dell’acqua, la peste d’acqua nordamericana è altamente competitiva, ricoprendo completamente uno specchio d’acqua fermo e formando un fitto strato erboso quasi impenetrabile sia in superficie che in profondità. Spesso diventano dominanti dove sono state introdotte, soppiantando le piante autoctone indebolite. Grazie alla formazione di popolazioni monospecifiche sono in grado di rimpiazzare le specie autoctone e bloccare l’accesso alla luce.