Pietro Mancini al Secolo: “Meloni? Più brava di Nilde Iotti. Mio padre Giacomo, amico della destra”
Pietro Mancini, 71 anni. Giornalista Rai per tanti anni, sindaco socialista dì Cosenza nel 1990. Nipote di Pietro, primo deputato socialista calabrese che prese più voti di Michele Bianchi alle elezioni del 1924 e che fu ministro e membro della costituente, figlio di Giacomo, socialista e segretario nazionale del partito, ministro e creatore della segreteria Craxi al Midas.
Qual è il suo giudizio su Giorgia Meloni?
È un giudizio positivo. La sua grinta, la sua dignità, nel Paese e nelle capitali estere, dove non si è mai presentata con il cappello in mano, sarebbero apprezzate da Giacomo Mancini che, nella sua lunga attività, politica e amministrativa, valorizzò, sempre, il ruolo e il lavoro delle donne capaci. E Meloni, certamente, è più capace, oggi, di Schlein e Carfagna e lo sarebbe stata, in passato, di Iotti e Mafai, del Pci. Vorrei che, insieme al valido ministro Fitto, la Presidente accentuasse ancor più gli investimenti per la Calabria e il Mezzogiorno.
Che ne pensa della riforma Nordio?
Valuto in modo largamente positivo il lavoro di Carlo Nordio. Motivo il giudizio con il valore e con le capacità dell’ex alto magistrato e con l’astio, che stanno dimostrando, nei confronti del Guardasigilli, le “toghe rosse” in servizio e quelle in pensione: in primis Carofiglio, molto vicine ai settori giustizialisti del Pd e del M5S. E auspico che, pur nei tempi decisi dalla premier, Nordio proceda con la riforma del famigerato “concorso esterno”: un mostro giuridico, che ha mietuto numerose vittime.
Giacomo Mancini, suo padre, fu eletto sindaco grazie a un accordo con una lista di destra trent’anni fa. Suo padre disse allora che “l’antifascismo sterile era inutile”. Pensa che siamo tornati indietro?
È vero. Alla entusiasmante campagna elettorale del 1993, che precedette la prima elezione diretta della sua amata città, Cosenza, contribuì una lista, nella quale erano candidati anche giovani ex Msi. Prima di Berlusconi, il “Leone di Cosenza” sdoganò il partito della fiamma tricolore, in cui aveva avversari, ma anche cari amici : ricordo Pino Romualdi e Alberto Giovannini, grande giornalista, direttore de “Il Roma, “Il Giornale d’Italia” e “Il Secolo d’Italia”.
“La sterilità dell’antifascismo parolaio ? Certo, mio padre avrebbe concordato con questo giudizio. Rafforzato, oggi, da settori dell’opposizione, che dimostrano la loro inconsistenza, attaccando la Meloni, nata nel 1977, per presunti legami con nostalgici del fascismo. A proposito di antifascismo, mio padre svolse un ruolo di direzione, importante, dei resistenti socialisti, con Vassalli, nella Liberazione di Roma. Ma non se ne vantò, mai, a differenza di altri: fu riservato, anche con noi familiari.
Giacomo Mancini fu perseguitato in sede giudiziaria e accusò la magistratura politicizzata. È un problema ancora attuale?
Certo, come ho detto, parlando di Nordio. Anche se oggi, difficilmente, sarebbe passata sotto silenzio la circolare, inviata dall’allora Procuratore di Reggio Calabria alla DIA, che veniva invitata ad ascoltare un consistente numero di collaboratori di giustizia, elencati minuziosamente, “affinchè costoro potessero riferire qualsiasi circostanza relativa a tale Mancini Giacomo, fu Pietro e de Matera Giuseppina”, che potesse essere utile al processo…
Lei è stato sindaco di Cosenza. Com’è difficile amministrare ancora oggi al Sud?
Mi fa piacere rispondere, ricordando, nella mia breve attività di sindaco, l’attenzione alle direttive Antimafia, come quelle emanate dal prefetto Sica. E, soprattutto, intendo sottolineare il monito, che spesso rivolgeva l’ex segretario del Psi e, dopo di me, per due mandati, Sindaco di Cosenza, da molti, non solo suoi amici e familiari, rimpianto : “Se, in Calabria, 100 politici e amministratori facessero, con rigore, onestà, trasparenza, il loro dovere, contribuirebbero, concretamente, al progresso della Regione”. E, mi consenta di aggiungere : se 100 magistrati gestissero le inchieste più delicate, con serietà e professionalità, non fidandosi, ciecamente, dei “pentiti”, sull’esempio di Giovanni Falcone, altri “agguati”, come quello a Mancini, non si verificherebbero”.
Suo padre fece eleggere Craxi segretario nazionale, poi ne fu avversario. Che giudizio dà di Craxi?
Si può e si deve cominciare a riflettere sul clima, drammatico, dei primi anni ’90, sulla viltà di alcuni ex esponenti craxiani, passati dal codardo encomio al servo oltraggio del leader. Che nel 1976, all’hotel Midas di Roma, venne eletto segretario al posto di Francesco De Martino. Fu Giacomo Mancini a proporre, per primo, il nome del deputato autonomista, battendosi per rinnovare il gruppo dirigente e per cambiare la linea politica del Psi che, con De Martino, era stata troppo subalterna all’allora molto forte, politicamente ed elettoralmente, Pci di Enrico Berlinguer. E, forse, non è solo un caso che Bettino e Giacomo, cioè due campioni dell’autonomia socialista, in periodi diversi, furono entrambi avversati dai ‘poteri forti’ e vittime di lunghe e dolorose vicende giudiziarie, seppure con accuse diverse. Furono aspri i contrasti tra i due dirigenti, animati da intensa passione politica e con caratteri forti e spigolosi, ma non rinunciarono a manifestarsi, da lontano, solidarietà. Ma, soprattutto, oggi, gli storici devono approfondire l’inizio dello sgretolamento del principio costituzionale della divisione dei poteri, con la subordinazione, soprattutto in quella fase cruciale, del potere legislativo a quello giudiziario.
Qual è Il limite maggiore della sinistra attuale?
Non è solo la nostalgia di ex socialista che mi porta a rispondere che, 23 anni dopo la triste scomparsa di Bettino Craxi ad Hammamet, e 21 anni dopo il dignitoso addio a Cosenza di Giacomo Mancini, in Italia, la questione socialista resta una grande, e aperta, questione politica, non giudiziaria né tantomeno criminale. E agli ex comunisti, ancora convinti dell’opportunità di seguire le scorciatoie giudiziarie, e di richiedere, continuamente, le dimissioni degli avversari, per liberarsi dei vincitori delle elezioni, vorrei ricordare il monito, rivolto ai “compagni” da Pietro Nenni, grande leader e affettuoso “padre” politico prima di Mancini e poi di Craxi : “Cari compagni del PcI, fate attenzione ai puri ! Talvolta, potrebbe spuntare uno più puro di voi, che vi epurerà”.