Procaccini al Secolo: «Grazie a Giorgia Meloni l’Italia sarà protagonista nella nuova Europa»

26 Ago 2023 15:54 - di Mario Campanella
Procaccini

Nicola Procaccini, 47 anni, parlamentare europeo e co-presidente del gruppo Ecr a Strasburgo. Giornalista, sin da ragazzo militante e dirigente della destra, apprezzato sindaco di Terracina negli anni scorsi, analizza le prospettive per l’Italia legate alle prossime elezioni europee che potrebbero sancire la nascita di una nuova alleanza politica.

Tra pochi mesi le elezioni europee. Possono essere il crocevia per disegnare un nuovo continente?

Le elezioni del 9 giugno rappresentano una data spartiacque per la politica europea, italiana e mondiale. Probabilmente saranno le elezioni europee più importanti della nostra storia. Per la sinistra c’è la voglia di rivalsa, dopo la sconfitta del settembre del 2002. E poi perché, siccome si vota con il proporzionale, si misureranno individualmente, atteso che non riescono a fare coalizione e ad avere un programma comune. Il centrodestra, invece, dovrà fare una campagna elettorale per riproporre il modello italiano. L’altra ragione è che per la prima volta l’Italia, grazie al governo Meloni e alla forza trainante di FdI, è destinata ad avere un ruolo da protagonista come non ha mai avuto. Basti pensare che Fratelli d’Italia, secondo le stime recenti, dovrebbe essere il partito più rappresentato in Europa. Giorgia Meloni ha saputo tessere una serie di relazioni con statisti e partiti europei, anche di estrazione politica diversa, che confermano il suo valore. Le elezioni saranno un vero e proprio redde rationem.

In che cosa crede che l’alleanza popolari socialisti non abbia funzionato, non dando risposte ai singoli Paesi?

L’alleanza innaturale tra popolari e socialisti nelle ultime legislature ha portato a un’agenda politica indefinita che è stata surrogata da un’azione burocratica che si è sostituita alla politica. L’assenza di linea politica ha fatto sì che gli uffici, le dirigenze, le rappresentanze non elette si sostituissero ai partiti. E questo è un male perché una governance non politica non risponde ai bisogni della gente. Io credo che tutto questo possa cambiare. I popolari hanno eletto Von der Leyen grazie a una maggioranza episodica, grazie ai voti di Orban, degli amici polacchi. Successivamente l’agenda politica si è contaminata ad opera di gruppi politici che non avevano eletto la Presidente. Penso a Timmermans e al Green Deal sostenuto dai verdi e dalle sinistre. La sinistra ha utilizzato una politica dei due forni. Credo che anche questo abbia spinto gli amici popolari a capire che sia necessaria un’altra strada che passi dalla possibilità di un’alleanza con i Conservatori. L’Europa ha dinamiche diverse rispetto ai singoli Paesi ma è importante far registrare omogeneità su temi come la migrazione, il rispetto dei singoli stati e della loro autonomia legislativa spesso violata. Il nostro mantra, come Conservatori, è che l’Europa debba fare meno ma fare meglio. Cioè occuparsi bene delle questioni preminenti e non di infinità di cose che riguardano le singole nazioni.

Timmermans è andato via. Si può pensare a una politica ambientale diversa?

Timmermans è andato via con il suo portato estremistico che ha fatto male in generale alla Ue su tutti i punti di vista. Da quello produttivo, innescato con il Green Deal, ai disagi sociali generati da scelte che non consentono alla popolazione di potersi permettere i motori di ultima generazione o le case ad alta efficienza che hanno costi improponibili. Questa politica ambientale radicale somiglia al dirigismo comunista e al socialismo reale. Una sorta di vicariato di quella triste ideologia. Con un odio verso la proprietà privata non dissimile. La tecnologia va lasciata libera di svilupparsi secondo i suoi tempi per coniugare la difesa dell’ambiente alla produttività. Senza vedere nelle persone il nemico. La conservazione della terra dei nostri padri è per noi un valore fondante ma non si attua certo con le politiche di Timmermans.

Mantovano ha detto che tra le concause della guerra in Ucraina c’è la mancata codificazione delle radici cristiane nella Costituzione europea. È d’accordo?

Il sottosegretario Mantovano ha dato una lettura molto interessante che poggia su basi razionali e strutturate. Il fatto che la Ue non abbia una propria Costituzione è già una follia. Una Costituzione è una radice comune politica. La sua assenza dà spazio al dirigismo e al concepimento burocratico dell’Europa. Se ci fosse stata una Ue ancorata ai valori fondanti probabilmente avremmo avuto uno spazio maggiore anche di dialogo con la Russia e con tutti quei Paesi che, pur non facendo parte dell’Unione, hanno comuni valori cristiani. Poteva essere uno strumento di aiuto per costruire percorsi di pace e fare in modo che l’Unione Europea svolgesse un ruolo di mediazione nel conflitto, non sapendo invece porsi come interlocutrice già prima dell’inizio della guerra. Oggi giustamente sosteniamo la popolazione ucraina ma paghiamo questi errori.

Procaccini, un altro tema importante è la riforma del Patto di stabilità..

La riforma del patto di stabilità è un tema essenziale. Mi auguro che sia influenzata dai dati.  E cioè dalla produzione economica che significa occupazione e buoni salari e che riveste un significato sociale strategico. Se dovessero prevalere dibatti di altra natura, disposti a sacrificare sull’altare del rispetto dei vincoli di bilancio meccanismi che non tengono in considerazione la crescita, sarebbe un grave errore. Non solo per noi ma per la Spagna, la Grecia, la Francia e anche la stessa Germania. La Germania non attraversa un buon momento economico, vive una fase di recessione e non potrebbe mai beneficiare di scelte che penalizzino gli investimenti in nome di vincoli arcaici. Sono fiducioso anche rispetto al ruolo dell’Italia che saprà porsi come avanguardia per porre la questione di un’Europa diversa, caratterizzata dalla crescita economica e non da un dirigismo in grado di bloccare tutta l’economia europea. Il continente è reduce dalla crisi Covid e vive un conflitto in Ucraina che si riverbera inevitabilmente sugli aspetti economici. Ma credo che questo errore non sarà compiuto e potremo realizzare percorsi razionali e benefici per ogni singola nazione.

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