Rdc, Foti inchioda l’opposizione: “Vuole il caos: si sapeva da 7 mesi che sarebbe terminato”
Non un provvedimento improvviso, ma noto da tempo. A ricordare che “si sapeva da sette mesi” che il reddito di cittadinanza “sarebbe terminato” è il capogruppo alla Camera di FdI, Tommaso Foti, ricordando che “anche quando la misura è stata istituita non era a tempo indeterminato”. “L’opposizione è fortemente impegnata a fare esplodere una situazione di caos”, ha aggiunto Foti, inchiodando poi il Pd alle sue contraddizioni, visto che all’epoca i dem erano “i più strenui oppositori del Rdc”.
Foti: “Si sapeva da 7 mesi che il Rdc sarebbe terminato, l’opposizione vuole il caos”
Intervistato dal Corriere della Sera, il capogruppo di FdI a Montecitorio ha spiegato che gli sms sono “una forma di comunicazione usata anche in altre situazioni”. “Ma credo – ha aggiunto – che il problema sia fare avere i documenti necessari per le opzioni che ha il percettore. Farlo via posta ordinaria, con raccomandate con ricevuta di ritorno, non era proprio l’ideale”. Quanto al momento in cui arriva la sospensione, Foti ha chiarito che “non bisogna nascondersi dietro un dito”. “L’inflazione pesa soprattutto nel carrello. Su altre spese si può glissare. Sul mangiare no”, ha detto, ricordando però che “già agisce la social card. Non è molto, ma 450 euro aiutano”. “E credo – ha proseguito – che l’accordo promosso dal governo con la grande distribuzione per bloccare i prezzi (che in un sistema libero non si possono vincolare), sia la via giusta”.
L’obiettivo è tornare a una politica attiva del lavoro
“Il reddito di cittadinanza – ha poi ricordato l’esponente di FdI – è costato 30 miliardi in cinque anni senza raggiungere lo scopo di accompagnamento al lavoro. Si fosse investito nel sistema produttivo o infrastrutturale, o sul lavoro pubblico, si sarebbe risolto qualche problema in più”. L’intervento di sospensione, comunque, “non è per recuperare soldi, ma per tornare a una politica attiva del lavoro: gli ex percettori avranno 350 euro per reinserirsi. Giacché uno dei problemi è la richiesta di figure specializzate e la mancanza di formazione dell’offerta».
Sul salario minimo “sì al confronto, no al compromesso”
Quanto all’argomento ritrito secondo cui il problema della reperibilità di un certo tipo di lavoratori non andrebbe cercato nel reddito di cittadinanza ma nelle page inadeguate, Foti ha ricordato che “ci sarà chi vuol pagare meno, ma il personale serve a chi ha un’attività che va. Sarebbe sciocco risparmiare su questo”. “Il lavoro povero c’era anche prima. Se stai quattro anni al governo senza proposte sul salario minimo vuol dire che tieni più al posto ricco, cioè la tua poltrona”, ha proseguito Foti, rispondendo a una domanda di Virginia Piccolillo, che firma l’intervista. In ogni caso, “sì al confronto, no al compromesso”, ha ribadito, rilanciando l’opportunità di collegare la questione alla contrattazione collettiva per quanto riguarda i contratti che prevedono paghe inferiori, “per evitare che il minimo fissato per legge a nove euro, pesi nel ridiscutere un contratto fissato magari a 14”.