Russia, Prigozhin è morto davvero? Tutti i dubbi tra il secondo aereo e i suoi sosia
La morte, vera o presunta, di Yevgheny Prigozhin a metà tra un thriller e l’abusata citazione di Churchill secondo cui «la Russia è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma». Perché l’interrogativo che in tanti continuano a porsi, all’indomani della notizia dello schianto dell‘aereo a bordo del quale si sarebbe trovato, è se Prigozhin sia veramente morto. A seminare il dubbio già poco dopo le prime notizie è stato il propagandista numero uno del Cremlino, Vladimir Soloyev, che ha accusato gli ucraini e i loro alleati di «diffondere un falso messaggio sulla morte di Prigozhin» sulla base di quanto riferito da Rossiya 24. Salvo poi fare marcia indietro e accodarsi alla versione ufficiale.
Prigozhin “morì” già nel 2019
Ma i dubbi restano tanti, alimentati anche dalla passione del capo della Wagner per le parrucche e i travestimenti, dai tanti passaporti mostrati dalla tv russa dopo le perquisizioni nelle sue residenze seguite al fallito golpe. E dal fatto che in almeno un’occasione avrebbe usato un sosia. Senza contare che Prigozhin venne già dato per morto nell’ottobre del 2019, quando nella Repubblica democratica del Congo era precipitato un aereo a bordo del quale c’erano due russi. Uno dei due doveva essere lui, ma ricomparve tre giorni dopo. Resta poi il mistero del secondo aereo, un altro jet Embraer sempre di proprietà di Prigozhin, che sarebbe atterrato ieri a Mosca, poche ore dopo lo schianto di quello a bordo del quale si sarebbe trovato il capo della Wagner.
Gli esperti: «È il miglior modo per far perdere le proprie tracce»
Il sito Fontanka ha scritto che il corpo di Prigozhin potrebbe essere rimasto troppo sfigurato dall’incidente e dal conseguente incendio per essere identificato con i normali metodi. «E per scomparire per sempre, avendo preso uno dei suoi tanti passaporti di riserva, un aereo bruciato è un buon modo per farlo – ha scritto un importante politologo russo sui social media citato dal Guardian -. I corvi non raccoglieranno le ossa, i resti sono in cenere, le tracce si sono perse». Gli fa eco Andrei Soldatov, giornalista russo esperto di sicurezza: «Penso che sia assolutamente inevitabile che il 50 per cento della popolazione sarà sempre convinto che è scappato e che fosse questa la sua via d’uscita».