Salario minimo: da Schlein solo fuffa, economisti concordi con la Meloni. Perfino i Forneros…

12 Ago 2023 8:34 - di Lucio Meo

Il day after del vertice governo-opposizioni sul salario minimo vede in campo, sui giornali, i tecnici della materia. Mario Deaglio, economista di fama internazionale, marito dell’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, stamane, sulla Stampa, boccia clamorosamente la proposta delle opposizioni sul salario minimo a 9 euro, commentando l’esito del vertice di ieri a Palazzo Chigi. Ma non è l’unico. Gli economisti e i giuslavoristi sono quasi tutti d’accordo sulle perplessità manifestate da Giorgia Meloni.

Salario minimo, le perplessità degli economisti

Deaglio boccia la demagogica proposta di Schlein & company. “In realtà il salario minimo è un piccolo elemento di una ben più grande questione che riguarda il lavoro nel suo complesso, nel contesto dei cambiamenti tecnici e sociali in corso… Oggi i cambiamenti che i giovani hanno di fronte, anche nei settori sindacalmente ben presidiati, sono molto più frequenti perché i progetti imprenditoriali sono di durata inferiore: tutto si deve realizzare in cinque, al massimo dieci anni; poi, in un mondo che non sta mai fermo, l’impresa cambia settore, mercato, paese, oppure viene assorbita da un’altra. Il salario minimo non serve molto a tutelare il lavoratore contro queste evenienze: sarebbe auspicabile che la riunione di ieri pomeriggio fosse la prima di una serie diretta ad affrontare in modo non ideologico questa gamma più ampia di problemi... L’offerta” dei politici – sempre che siano in grado di formularla in modo credibile – deve riguardare la vita delle persone nel suo insieme e le esigenze delle famiglie. Altrimenti saremo ancora una volta di fronte a un cliché che conosciamo molto bene: cambiamenti di scarsa rilevanza dopo polemiche sterili, destinate a essere inefficaci. Il che significherebbe un declino che continua…”, conclude Deaglio.

Tiraboschi spiega anche la contrarietà dei sindacati

Non è l’unico a pensarla come Deaglio, visto che sempre stamane, sul Corriere, un altro giuslavorista di fama, il professor Michele Tiraboschi, parla chiaro, giudicando velleitarie le proposte dell’opposizione. “Il salario minimo è un tema complicato: è facile fare presa sull’opinione pubblica ma poi è più difficile capire esattamente cosa fare. Tant’è vero che i partiti che ora portano avanti questa proposta quando erano al governo non sono intervenuti. Proporre dall’opposizione è una cosa, realizzare un’altra. Intanto il Pd mi pare si sia appiattito sul testo di Catalfo… Il problema principale non è nemmeno l’idea di una tariffa in sé, ma il fatto di attribuire alla legge il compito di definirla. Dare questo ruolo al governo. I governi cambiano e ne può arrivare uno che la tariffa decide di tenerla bassa. Ma poi direi che questa impostazione non serve a risolvere il problema che si dice di voler affrontare…”.

Tiraboschi spiega anche perché il salario minimo è inviso anche ai sindacati. “Negli Stati Uniti la sua misura è bassa rispetto alla media delle retribuzioni. E anche in Germania, dove la contrattazione non è nazionale ma regionale, il sindacato negli ultimi tempi ha perso potere. Proprio questo è il nodo cruciale. Puntare su un salario minimo fatto così significa certificare il declino dei sindacati, costringerli ad abbandonare il loro ruolo. Che è anche quello di guardare alla specificità dei settori. In Italia il problema delle retribuzioni non riguarda solo quelle bassissime, ma anche quelle medie, che risultano non elevate nel confronto internazionale. Se andiamo a vedere le tariffe applicate nei contratti sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil, risultano superiori ai 9 euro in tutti i settori, tranne due o tre…”.

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