“Se muori è lo stesso”: bullizzano la compagna di classe, ma vengono promossi a pieni voti
Un intero anno di insulti, prese in giro sull’aspetto fisico e il portamento. Con tanto di umiliazioni pubbliche in classe: “Se muori è lo stesso”. Eppure è arrivato il premio. Tutti promossi: i tre bulli di una classe di terza media in provincia Latina sono stati promossi a fine anno: alcuni anche a pieni voti (tranne il 6 in condotta), e non andranno neanche a svolgere lavori socialmente utili: le famiglie dei ragazzi hanno infatti rifiutato il percorso di “giustizia riparativa”. L’assurdo. «Lei come l’Ebola, lei che è da evitare come una malattia, deve togliersi di mezzo. Si dovrebbe suicidare», «Se muori non se ne accorge nessuno», «Se non hai amici, fatti una domanda», «Per quanto sei grossa non passi dalla porta». Questo il tenore degli insulti verso la loro compagna di classe su una chat di gruppo su WhatsApp chiamandola “Anti-Ebola”. E dopo un’indagine per istigazione al suicidio e stalking, tutti i giovani superano l’anno scolastico senza problema alcuno.
Istigano al suicidio una compagna di classe: i bulli promossi a pieni voti
La vergogna è che gli studenti hanno avuto la faccia tosta di giustificarsi dicendo che per loro “era solo un gioco”. Un gioco crudelo e perverso. La ragazza ha avuto disagi psicologici: ha cominciato a isolarsi, arrivare dopo a scuola per evitare di incontrare i tre bulli e avere problemi in classe. Come riporta Il Messaggero, la ragazza vittima di bullismo ha poi raccontato tutto alla madre. E dopo la denuncia e la successiva indagine per istigazione al suicidio e stalking, l’inchiesta giudiziaria rischia adesso di chiudersi con l’archiviazione. Legata alla giovane età dei ragazzi, tutti al di sotto dei 14 anni e, quindi, non imputabili. Dopo la richiesta della Procura dei Minori di Roma, ora l’ultima parola spetta al Gip. Malgrado i fatti siano stati accertati, le famiglie degli alunni che hanno bullizzato la compagna non hanno accettato la proposta di attivare un percorso di «giustizia riparativa» per far comprendere ai figli la gravità delle loro azioni. Una richiesta avanzata dalla madre della vittima dei bulli.
I genitori dei bulli rifiutano il percorso di “giustizia riparativa”
La Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Regione Lazio, Monica Sansoni ha dichiarato: «Più volte ho espresso la delusione derivante dal comportamento proprio di certi genitori che più di altri avrebbero dovuto seguire comportamenti e atteggiamenti educativi e rieducativi. A prescindere dall’esito dell’indagine in corso abbiamo incontrato alunni, famiglie e docenti. Sono stati effettuati interventi con giochi di ruolo, confronti, discussioni sul rispetto reciproco, sulla legalità che hanno contribuito a migliorare decisamente il clima all’interno della classe». «I ragazzi – ha aggiunto Sansoni – hanno rielaborato il vissuto, le condotte, riflettuto sulle dinamiche relazionali che appaiono ora fluide, seppur con qualche criticità in capo ad alcuni ragazzi, in particolare circa il timore di ciò che può derivare dal procedimento giudiziario». Insomma, oltre al danno alla giovane, anche la beffa di vedere tutta la questione “risolta” con un 6 in condotta.