Archeologia: svelato il mistero della mummia egizia riscoperta a Palermo
Donna, tra i 20 e i 50 anni, vissuta nel periodo greco-romano: ecco l’identikit della mummia egizia ‘riscoperta’ al Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas” di Palermo. Dai depositi del Museo, tra i reperti non esposti al pubblico, è tornata alla luce una testa mummificata – frammento della sapiente arte dell’antico Egitto -. Portata a Palermo nel XIX secolo, oggi studiata e presto esposta. Il ritrovamento sarà presentato per la prima volta domani, venerdì 22 settembre, alle ore 17.30, al Museo Archeologico diretto da Caterina Greco; con l’intervento di Selima Giorgia Giuliano, soprintendente ai Beni Culturali di Palermo, e Laura Anello, presidente della Fondazione Vie dei Tesori.
Lo studio e le indagini sono dell’antropologo siciliano Dario Piombino-Mascali, ispettore onorario della Regione Siciliana per il patrimonio mummificato; ricercatore capo della Facoltà di Medicina dell’Università Vilnius, in Lituania, e docente di paleoantropologia alla Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università del Salento. “Il ritrovamento di questa prestigiosa testimonianza nei depositi del Museo Salinas e il suo studio permettono di affermare, ancora una volta – dice l’assessore regionale ai Beni Culturali, Francesco Scarpinato – che la Sicilia non è seconda a nessuno per i tesori che custodisce. Uno studio decisivo non soltanto perché ha permesso di verificare l’autenticità dei resti, attribuendoli alla civiltà egizia. Ma perché ha anche consentito di individuare l’età e il sesso della persona a cui la testa è appartenuta, i materiali utilizzati e il periodo in cui venne mummificata”.
La Sicilia non è seconda a nessuno per i tesori che custodisce
Un reperto che ritroverà molto presto il suo ruolo di primo piano. Afferma la direttrice del Museo Salinas, Caterina Greco all’Adnkronos: “La riscoperta dei resti di una mummia nei nostri depositi rivela come le ricche collezioni storiche offrano di continuo nuovi importanti spunti di ricerca e di conoscenza del patrimonio culturale esposto al pubblico. Insieme ad altri materiali di origine egiziana, la mummia andrà infatti ad arricchire il nuovo allestimento della pietra di Palermo, che costituirà un importante capitolo del percorso espositivo del museo”.
Ma com’è approdata una testa mummificata ai tempi degli antichi egizi a Palermo? Per poi essere stata quasi dimenticata nei secoli? Per quanto possa apparire strano oggi, il reperto venne donato nel 1870 dall’abate Antonio Pietro Paternosto, direttore spirituale dell’Istituto Vittorio Emanuele II. Che lo acquisì durante le sue peregrinazioni in Africa. Un dono che non deve però stupire se inquadrato in tempi in cui la Sicilia pre e immediatamente post-unitaria era fortemente affascinata dalle antiche civiltà del Nilo.
L’indagine per verificare l’autenticità della mummia
Gli studi per verificare l’autenticità della testa mummificata sono partiti proprio dalla storia e dall’evoluzione della pratica dell’imbalsamazione nell’antico Egitto. Nel 2022, anno dell’ispezione, il ritrovamento appariva parzialmente scheletrizzato e ricoperto da tessuti molli e bendaggi impregnati di resina. “La presenza di una chiara doratura visibile su uno degli strati di lino ne indicava la cronologia, con ogni probabilità riferibile al periodo greco-romano. Tanto le fasce quanto l’aspetto della testa – afferma Dario Piombino-Mascali – sembravano quindi deporre in favore di un reperto autentico, compatibile con i trattamenti imbalsamatori tipici della cultura egizia”. Gli studi di tipo morfologico, finalizzato a osservarne le caratteristiche antropologiche, hanno poi suggerito informazioni relative al sesso e all’età: la testa mummificata è appartenuta infatti a una donna tra i 20 e i 50 anni.
“L’indagine radiologica condotta in situ – continua l’antropologo – ha inoltre permesso di notare la presenza di abbondante resina intracranica, mentre lo studio chimico ha consentito di identificare, almeno in parte, alcuni degli ingredienti usati per l’imbalsamazione del defunto”. Gli ingredienti rilevati sono: estratti di cedro dell’atlante, una conifera della famiglia delle Pinacee, mescolati ad altre sostanze possibilmente di origine vegetale e in parte anche animale, usate in abbondanza nel periodo storico in questione. Le tracce di zolfo rinvenute potrebbero inoltre indicare la presenza di bitume, che sarebbe responsabile del colore particolarmente scuro del composto. Il teschio imbalsamato che dall’antico Egitto approdò a Palermo, sfidando il tempo e la memoria, diventa dunque patrimonio visibile e condiviso: e forse non è un caso che abiti proprio nel museo che di un grande innovatore come Salinas porta il nome. (Foto d’archivio Ansa).