Berizzi, il partigiano immaginario, prima di convertirsi all’antifascismo lavorò al “Borghese”

14 Set 2023 9:12 - di Francesco Severini
Berizzi

Paolo Berizzi, chi è davvero costui? Lo conosciamo tutti per la sua frenetica attività di denuncia di fascisti immaginari o folkloristici. I nostalgici con Berizzi non hanno scampo: lui li scova, li inchioda alle loro responsabilità, li sbatte in prima pagina (metaforicamente parlando) su Repubblica. Tutto per dimostrare che un’onda nera incombe sull’Italia, sull’Europa, sul mondo. E non bisogna abbassare la guardia.

Oggi Libero però fa uno scherzo indimenticabile a Berizzi. Ne ricorda cioè, con un articolo di Giovanni Longoni, l’esordio nel mondo del giornalismo in una testata non proprio allineata ai pensieri dell’Anpi. Parliamo del Borghese, fondato da Leo Longanesi.  Roba di destra, dunque, da maneggiare con cura secondo Berizzi che pure presso quella testata si fece le ossa, contaminandosi parecchio, chiamato addirittura da Vittorio Feltri.

“Paolo e io – racconta Longoni – ci siamo conosciuti nel 1999 al Borghese. La prima esperienza in una redazione del noto flagello di nostalgici del Ventennio, veri o presunti, fu in effetti nella testata fondata da Leo Longanesi, riportata in vita da Daniele Vimercati e poi passata, nel 1998, a Vittorio Feltri.  Berizzi fu arruolato da Feltri per il suo grande talento di scrittore e perché, per portare a casa un servizio, non si fermava davanti ad alcunché”.

All’epoca, Berizzi non aveva convinzioni politiche molto forti. Longoni precisa infatti che “vent’anni fa “di destra” e “di sinistra” sembravano per lui solo modi per classificare le tifoserie ultras del calcio. Un argomento che lo appassionava (come la cucina di alto livello) e su cui era (ed è) davvero competente”. Non disdegnava gli scherzi da caserma. “Insieme a un collega si presentò nell’ufficio di Leonello Bertolucci, raffinato photo editor che schifava quei giornalisti che giudicava rozzi; a un cenno convenuto, i due estrassero dai pantaloni i rispettivi membri sessuali. Lo sventurato Leonello cadde dalla sedia per lo spavento”.

Conclude Longoni: “Quando sento gente che si infuria per i suoi servizi mi viene da ridere. Perché mi è difficile prenderlo troppo sul serio”. Un buontempone che si sarebbe incattivito con gli anni dunque, uno che fiuta il vento e si butta là dove la brezza ti conduce e in quel vento vuole esporsi e primeggiare. Il vento dell’antifascismo lo ha reso in qualche modo celebre, una celebrità farlocca e strumentale ma se Berizzi si accontenta, lasciamolo alla sua illusione di partigiano immaginario.

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