Carol Maltesi, l’ira della famiglia: all’assassino che l’ha sgozzata e fatta a pezzi, concessa la “giustizia riparativa”
Impossibile dimenticare il massacro di Carol Maltesi: il suo assassino – il killer reo confesso, Davide Fontana – dopo averla sgozzata e fatta a pezzi, ne ha nascosto i poveri resti in un freezer per tre mesi e poi se ne è disfatto gettandoli in un burrone come fossero carta straccia. Un orrore indicibile che i familiari della vittima non potranno mai archiviare e perdonare. Per questo oggi, a fronte della legge rispetto alla quale l’omicida si potrà avvalere della giustizia riparativa – una misura introdotta dalla riforma Cartabia che offre al detenuto un percorso di recupero e di consapevolezza – il padre della vittima si è detto allibito. E su di lui non ammette recuperi e indirizza tutto il proprio risentimento per quanto inferto alla figlia e ottenuto dal codice.
Omicidio Carol Maltesi, all’assassino reo confesso concessa la giustizia riparativa
La famiglia non riesce a perdonare. A fare sconti e a consentire ammende all’assassino di Carol: «Non lo incontreremo mai». Il bancario, food blogger part time, nel gennaio del 2022, uccise la 29enne nella sua casa di Rescaldina, vicino a Legnano, colpendola a martellate e sgozzandola. Poi ne sezionò il cadavere, per gettarlo – dopo averlo nascosto in freezer acquistato online – in un burrone. E oggi che Fontana, condannato in primo grado a 30 anni per l’assassinio, lo smembramento e l’occultamento del cadavere di Carol Maltesi, è stato ammesso alla giustizia riparativa – una misura introdotta dalla riforma Cartabia che consente un programma di recupero del condannato, con un percorso psicologico mirato a cercare di riparare, davanti agli occhi della società, a quanto commesso – sconcerto e indignazione dei familiari sono insopprimibili.
L’ira della famiglia: «Non lo incontreremo mai». Il padre della vittima: «Sono allibito»
È il primo caso in Italia, dopo che la settimana scorsa è stata respinta l’analoga richiesta avanzata dai leggo di Benno Neumair, l’omicida dei genitori di Bolzano. La corte d’Assise di Busto Arsizio ha accolto la richiesta dell’uomo, che però non è alternativa all’iter penale. Né incide sul piano civilistico. Eppure incide sul dolore e sul risentimento dei familiari della vittima. Che ora, dopo aver dovuto affrontare l’orrore di un omicidio crudele e efferato, con cui faranno i conti tutta la vita: senza sconti. Davide Fontana invece potrà sperimentare questo istituto legale fortemente voluto dall’Europa per cercare di ridurre il numero dei processi penali. E indurre i rei confessi a una maggiore consapevolezza.
Antoniozzi sulla concessione dell’istituto della giustizia riparativa all’assassino di Carol Maltesi. E non solo
E sul programma di giustizia riparativa, introdotto non per sostituire il processo. Ma come modo per risolvere i conflitti e risanare il legame tra chi ha compiuto il reato e chi ne è stato vittima, con l’aiuto di una terza figura imparziale, definita “mediatore”, si è pronunciato in queste ore anche il vice presidente del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati, Alfredo Antoniozzi. Il quale, sul caso e sulle sue evoluzioni giuridiche, ha sostenuto: «Carol Maltesi fu uccisa per un gioco erotico da Davide Fontana. Poi fatta a pezzi e messa in un congelatore. È un fatto acclarato benché ci sia stata solo una sentenza di primo grado. Che invece di dare l’ergastolo a Fontana gli ha inflitto una condanna a trent’anni per assenza di crudeltà e di futili motivi».
«Come è stato possibile non ammettere i futili motivi e la crudeltà, condizioni che ostano all’ergastolo?»
E ancora. «Ora Fontana è stato ammesso alla giustizia riparativa – prosegue Antoniozzi –. Ma ciò che grida vendetta al cospetto di Dio, per citare Giulio Andreotti, è come sia stato possibile non ammettere i futili motivi e la crudeltà, condizioni che ostano all’ergastolo». Perché, continua l’esponente di FdI, «Davide Fontana non solo uccise la povera Carol incomprensibilmente. Ma ne tagliò il corpo con una crudeltà enorme facendolo letteralmente a pezzi. La procura ha impugnato giustamente le motivazioni della sentenza e l’appello e poi la Cassazione decideranno. Per il momento la famiglia di Carol è distrutta. Se verranno confermati i trent’anni Davide Fontana, tra legge Gozzini e altri benefici, ne trascorrerà non più di quindici in carcere. Per un femminicidio a cui è seguita un’azione di vera e propria tortura su un corpo inerme».
«Giusto mettersi nei panni della famiglia di Carol e provare a capire l’amarezza di chi non chiede vendetta, ma giustizia»
Sono sempre stato rispettoso dell’autonomia giudiziaria, ma credo sia legittimo censurare una sentenza che, per ora, non fa giustizia. E sembra paradossale – conclude il vice presidente gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia – che i due elementi chiave per la pena a vita manchino proprio laddove sembrano essere assai evidenti. Ogni caso giudiziario va separato dagli altri. Ma è giusto mettersi nei panni della famiglia di Carol e provare a capire l’amarezza di chi non chiede vendetta, ma giustizia».