Kiev ricorre al Wto contro il blocco di grano ucraino deciso da Polonia, Slovacchia e Ungheria
Avevano bloccato l’importazione di grano ucraino per proteggere e tutelare i propri agricoltori contravvenendo alle imposizioni della Ue ma ora Polonia, Slovacchia ed Ungheria sono state citate da Kiev, che non è membro dell’Unione Europea, davanti al Wto, l’organizzazione mondiale del Commercio.
La vicenda si sta trascinando da mesi in un tira e molla fra l’Ucraina – che prima della guerra era uno dei principali esportatori di cereali al mondo – e l’Unione Europea da una parte e un gruppo di Paesi europei dall’altra.
La guerra commerciale sul grano ucraino è iniziata il 2 maggio scorso quando cinque Paesi Ue – Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria – hanno deciso di vietare l’import di cereale proveniente dall’Ucraina contestando il fatto che l’aumento del grano, esente da dazi e a basso costo, stava spingendo verso il basso i prezzi dei prodotti degli agricoltori locali. Di qui la decisione di proteggere i propri agricoltori bloccando l’importazione di grano ucraino.
Kiev ha quindi chiamato in causa la Ue che ha imposto una dead line al 15 settembre, data entro la quale sarebbero stati revocati unilateralmente i divieti dall‘Unione Europea. Ma poche ore prima della data fatidica sono stati raggiunti alcuni accordi: l’Ucraina ha promesso di monitorare le esportazioni per evitare picchi di prodotti, dal canto suo la Ue ha rimosso il divieto. Trovando, però, un muro eretto da Polonia, Ungheria e Slovacchia.
“Estenderemo questo divieto nonostante il loro disaccordo, nonostante il disaccordo della Commissione europea – aveva avvertito il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. – Lo faremo perché è nell’interesse degli agricoltori polacchi“. E, a ruota, il ministro polacco dello sviluppo economico, Waldemar Buda, aveva firmato un nuovo “regolamento nazionale” ripristinando il divieto contro il grano ucraino.
Stessa cosa aveva fatto l’Ungheria bloccando 24 prodotti agricoli ucraini, fra cui il grano.
In discussione è la vendita dei prodotti sui mercati dei Paesi Ue, non il transito sul territorio che è tuttora consentito. L’embargo prevede che grano, mais, colza e girasole provenienti dall’Ucraina potevano transitare attraverso i cinque paesi dell’Est, ma non potevano essere stoccati e, tantomeno, venduti all’interno dei loro mercati.
“L’Ungheria sta prendendo in mano la situazione per salvaguardare i suoi agricoltori e manterrà ed espanderà il divieto di importazione nell’ambito della sua giurisdizione nazionale – aveva detto Zoltan Kovacs, un portavoce del governo. – Sorgono preoccupazioni che un afflusso di importazioni ucraine a basso costo possa sopraffare i mercati europei vicini, lasciando una capacità di stoccaggio inadeguata per il prossimo raccolto autunnale“.
“Estenderemo questo divieto di importazione, su base nazionale, e questo diventerà una seria battaglia a Bruxelles“, aveva avvisato 4 giorni fa il primo ministro ungherese Viktor Orbán, puntando il dito su chi, in Ungheria, aveva acquistato grano ucraino “più economico”.
Ora l’ultimo scontro: Kiev ha presentato il ricorso all’Organizzazione mondiale del Commercio contro Polonia, Slovacchia e Ungheria: “per noi è di importanza cruciale provare che singoli Stati membri non possono vietare le importazioni di merci ucraine”, ha detto la ministra ucraina dell’Economia, Yulia Svyrydenko.
Il problema è che il 30 settembre e il 15 ottobre prossimi Slovacchia e Polonia andranno rispettivamente alle elezioni. E nessuno vuole far digerire agli agricoltori locali il grano ucraino.