Lucio Battisti, dopo 25 anni arriva la confessione delle “compagne”: «Lo ascoltavamo di nascosto»
Venticinque anni senza Lucio Battisti. Nato a Poggio Bustone il 5 marzo 1943, un giorno dopo Lucio Dalla, l’autore di Emozioni è morto a Milano il 9 settembre 1998. Ricoverato nella clinica San Paolo di Milano, è uscito di scena in perfetto silenzio, coerente con il suo carattere schivo, da contadino, allergico alla ribalta e alle etichette. Morto per una malattia non confidata a nessuno, neanche al papà Alfiero.
Lucio Battisti a 25 anni dalla morte
Tante le celebrazioni per i 25 anni dalla morte del “mito” che lo scorso marzo avrebbe compiuto 80 anni. A cominciare dall’evento “Io tu noi tutti” al Be’er Sheva (con Simone Avincola, Francesco Sbraccia, Ivan Talarico, il padrone di casa Carlo Valente e la voce narrante di Laura Rizzo). Un mostro sacro, un artista libero e complesso. Un’icona dichiarata per la destra a partire dagli anni ’70, quando i giovani missini, confinati nelle fogne dagli avversari, si abbeveravano alla sua musica libera, fuori dal coro. Sulle note de La Collina dei ciliegi, Il Mio Canto Libero (in un mondo che / non ci vuole più…), Anima Latina. Per la destra pioniera degli anni ’70 e ’80 fu una coperta di Linus dalla quale era impossibile separarsi. Testi e arrangiamenti hanno accompagnato la narrazione della meglio gioventù dei Campi Hobbit. Giovane simpatizzante ordinovista? Punto di riferimento della Giovane Italia? Chissà, ma non è questo che conta, Battisti non è “cosa nostra” per nessuno.
Un artista fuori dal coro e allergico alla ribalta
Certo era impossibile accostarlo ai cantautori “impegnati” dell’epoca, foraggiati dalla straordinaria macchina da guerra del Pci. E questo bastò per affibbiargli l’etichetta di fascista. Che Mogol ha smontato sorridendo in molte occasioni. “Noi cantavamo canzoni d’amore, mentre quella era l’epoca dei cantautori impegnati. Così eravamo diventati fascisti. Chi non scriveva le canzoni politicizzate non valeva niente e diventava fascista, anzi qualunquista. La canzone impegnata parlava di politica, noi raccontavamo la vita”.
Oltre 25 milioni di dischi venduti
Distante anche dalla canzone tradizionale melodica degli anni ’60-’70, Battisti fu un geniale innovatore. Un pioniere. Con oltre 25 milioni di dischi venduti, ha personalizzato e innovato ogni aspetto della musica contemporanea. “Un artista non può camminare dietro il suo pubblico, un artista deve camminare davanti”, diceva. Anche la sinistra ne fu sedotta ma non poteva dirlo pubblicamente. Nume ingombrante per i compagni doc, inaffidabile per Botteghe Oscure, i giovani comunisti dell’epoca, soprattutto le donne, erano costretti ad ascoltare Battisti di nascosto.
Lidia Ravera: lo ascoltavo di nascosto…
Guai a confidare l’apprezzamento per il cantante contadino di Poggio Bustone con quelle strane idee in testa. Anche in radio, malgrado il successo strepitoso, non erano semplice far passare i suoi pezzi. Lo racconta bene Lidia Ravera: “Battisti era il mio unico elemento di trasgressione alle indicazioni della sinistra extraparlamentare. Ero ligia su ogni cosa, ma non su Battisti”.
Come per Gaber tutti alla ricerca del copyright
Così, come per altri grandi da Pasolini a Giorgio Gaber, tutti alla ricerca del copyright. Da che parte sta? È di destra? È di sinistra? Ancora oggi Battisti infiamma i social e divide i commentatori. Ma Lucio Battisti è molto di più di una colonna sonora.
Innovazione, sperimentazione e talento geniale
Oltre ai capolavori storici, ha lasciato in eredità una straordinaria mole di innovazioni tecniche e stilistiche. Frutto della fusione tra la canzone melodica italiana e le sonorità della musica pop e rock internazionali. Non c’era genere musicale che non ascoltasse, non conoscesse, non rielaborasse. Tanto da anticipare mode che sarebbero esplose di lì a poco: memorabile il brano La batteria, il contrabbasso, eccetera.
Nel 1973 scavalcò i Pink Floyd nella top ten
Tecnico raffinato in sala di registrazione, voce inimitabile che si arrampicava a fatica e ti entrava nella pancia. Nel 1973, caso forse unico nella storia discografica italiana, conquistò il primo e il secondo posto nella top ten con Il mio canto libero e Il nostro caro angelo superando The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd.