Maestri d’intolleranza a sinistra: dalla libraia che non vende i testi della Meloni agli insulti di Saviano e Toscani:

4 Set 2023 12:31 - di Mario Bozzi Sentieri   

Agli inizi del Novecento non era raro leggere sulla porta dei negozi d’Oltralpe il cartello “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”, con ciò volendo rimarcare la distanza dei  residenti rispetto agli immigrati. “Non si affitta ai meridionali” era un classico cartello appeso soprattutto a Torino, negli Anni ’50 e ’60, durante il periodo dell’emigrazione dal sud, nel periodo in cui le fabbriche del Nord chiedevano manodopera e la pescavano nel Mezzogiorno. E’ invece comparso qualche giorno fa (sul sito subito.it) un annuncio, con la proposta di affitto a Bari, quartiere Poggiofranco,  per una stanza singola a lavoratori e lavoratrici, che termina:   “No perditempo ed elettori della Meloni”.

Non proprio un bell’esempio di tolleranza per una terra, come quella pugliese, accogliente ed ospitale, che apre uno squarcio inquietante sui bassi livelli raggiunti da certa polemica politica, alimentata dagli epigoni della vulgata di sinistra ed ormai trasformata in lite da ballatoio.

Qualche settimana fa la libraia Alessandra Laterza, operante a Tor Bella Monaca, ha deciso di non vendere il nuovo libro, di prossima uscita, della premier Meloni, La Versione di Giorgia, intervistata da Alessandro Sallusti.

In un post su Facebook la libraia ha  raccontato  le sue motivazioni: “Ho pensato molto, ho parlato con mia figlia, con il mio compagno, con la mia famiglia Queer, ho scritto nelle chat politiche e ho ascoltato le mie famose mamme della libreria. Alla fine ho deciso che la disobbedienza merita coerenza“. E ancora: “Mettiamola così, l’editoria ci regala perle dall’inestimabile valore letterario, questi libri ci conducono verso esperienze che forse non faremo e luoghi che non vedremo, alcune sensazioni non saranno alla nostra portata, per questo motivo la mia libreria continua e continuerà a scegliere e non ha posto per questo testo”.

Certi episodi non accadono per caso. C’è infatti chi – negli ultimi anni – ha fatto scuola quotidiana  d’intolleranza, con una terminologia ed atteggiamenti di una violenza ed una volgarità fuori dal comune,  i cui protagonisti sono i rappresentanti di certa intellighenzia “antidestra”. Qualche esempio tra i tanti.

Oliviero Toscani, noto fotografo ed opinionista, che nel corso della trasmissione radiofonica “La Zanzara” su Radio 24 ha dato a Giorgia Meloni della “Ritardata, brutta”, volgare”, fastidiosa”, definendo  “quattro c…i gli italiani che fanno i nazionalisti”.

Durante la trasmissione “Bene bene Male male”, andata in onda  su Controradio,  Giovanni Gozzini, storico e docente all’Università di Siena, ha appioppato sempre alla leader di FdI questa raffica di epiteti: partito con “ortolana e pesciaiola”, per arrivare a “rana dalla bocca larga, scrofa” e poi chiudere con “peracottara”.

Nel 2020 Roberto Saviano definì Giorgia Meloni “bastarda” durante una puntata di “Piazza Pulita”, su La7, ricevendone  querela. Fa pensare, oltre alla questione in sé, che in occasione della recente, quarta udienza del processo, Saviano sia stato accolto in tribunale dall’abbraccio solidale di un cordone di amici e sostenitori, tra cui  Michela MurgiaCorrado Formigli, Vittorio Di Trapani e Paola Belloni, la compagna di Elly Schlein. Come dire: bene, bravo, avanti così …

Con questi “maestri” l’inserzionista di Bari, che non vuole affittare il suo immobile agli elettori della Meloni, appare come la classica punta d’iceberg di tendenze che rischiano di degenerare in vere e proprie forme di odio e quindi di violenza, purtroppo già viste.

Cinquant’anni fa, nel giugno 1973, Giorgio Almirante, Segretario nazionale del Msi-Dn,  proveniente da Trieste dove aveva preso parte alla campagna elettorale per le regionali, stava facendo ritorno a Roma. Arrivato in Emilia si fermò all’area di sosta Mottagrill di  Cantagallo per pranzare ma, al suo arrivo, l’intero personale incrociò le braccia, rifiutandosi di servire lui e i suoi accompagnatori. La ragione fu ovviamente di natura politica: Bologna non poteva lasciare impunito il passaggio di un politico “fuori dagli schemi” come Giorgio Almirante.

A cosa portarono certi episodi “alla Cantagallo” è noto a tutti. Furono necessari dieci anni per uscire dal tunnel di violenze che, a partire dagli Anni Settanta, segnarono l’Italia, in un crescendo di discriminazioni (a destra) nelle scuole, sui luoghi di lavoro, nelle strade. Cerchiamo di non dimenticarlo. Soprattutto non lo dimentichi certa sinistra, maestra, ieri come oggi, nell’arte del doppiopesismo.

Dallo sciopero “antifascista” della pastasciutta al rifiuto di affittare un immobile per “motivi politici” alla demonizzazione dell’avversario (con un linguaggio offensivo e volgare) ci vuole poco per precipitare nell’abisso dell’odio e dell’intolleranza, violenta e sanguinosa, mentre assecondare, anche con il silenzio, certi episodi, significa diventare complici di un clima d’intolleranza che non si addice ad una democrazia pluralista, fondata sul  rispetto, su un piano di parità,  delle opinioni diverse.

 

 

 

 

 

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