Mostra di Venezia, la rivincita di Dario Argento sui critici radical chic: “Mai invitato fino a oggi”
La prima partecipazione di Dario Argento alla Mostra del Cinema di Venezia fa rumore. E non poteva andare diversamente, del resto. Ma scene pulp e trame da brivido stavolta non c’entrano: l’occasione (di facciata ci auguriamo) per riparare allo strappo è quella prevista in calendario della proiezione odierna al Lido del documentario Dario Argento Panico, di Simone Scafidi, in concorso nella sezione Venezia Classici /Documentari della 80/a Mostra del Cinema. Un biopic proiettato alla presenza del regista romano: un artista geniale ma poco amato dalla critica italiana che, tra vizi e vezzi radical chic, ha sempre escluso dal gotha dei cineasti il “Maestro del brivido” che l’America ci invidia e corteggia. Non a caso, il documentario in cartellone oggi al Festival – distribuito da Midnight Factory – è il primo lavoro che esplora la vita e i film di Dario Argento. Un viaggio tra fiction e realtà alla scoperta di un talento del cinema, omaggiato da tanti colleghi illustri – tra cui Guillermo Del Toro e Lamberto Bava –. Ma puntualmente snobbato dall’intellighenzia di sinistra che, disseminata in giurie e kermesse, non ha mai pensato di invitarlo a Venezia.
Mostra di Venezia, arriva Dario Argento: il regista mai invitato prima
Possibile che si siano sempre dimenticati di lui? E se no, perché la firma di Profondo rosso e Suspiria non è mai stato ospitato in laguna? Un’assurdità al limite del paradossale, che lo stesso regista ha provato a spiegare. Trovando in fondo una soluzione diplomatica per rispondere all’annoso quesito. E così, per provare a dare una risposta che abbia un minimo di fondamento. Una spiegazione plausibile, che giustifichi perché “il Re dell’Horror” omaggiato e venerato da mezzo mondo (l’anno scorso gli hanno dedicato una intera retrospettiva a New York). Che ha ricevuto numerosi riconoscimenti ai festival di Torino, Locarno e Cannes, non sia mai stato invitato a Venezia, Argento ha sostenuto: «Al festival non mi hanno mai invitato perché le commissioni di selezione sceglievano solo film politici o impegnati. E consideravano i film che facevo io pessimi. Disimpegnati. E anche di cattiva qualità».
L’autore di “Profondo rosso” e “Suspiria” snobbato dalla critica radical chic
E ancora. «Ora sono cambiati i registi, è cambiata la cultura, è cambiato il mondo. È cambiato tutto, e ora sono stato invitato». Poi, assestando una bordata, ma in punta di fioretto, il regista ha anche aggiunto: «Non ho sofferto per questa mia esclusione da Venezia. Io sono sempre stato pronto a ribellarmi. A dire di no a certe manifestazioni. In realtà che non mi invitassero mi sembra una cosa giusta perché io non mi trovavo bene con i film che venivano scelti… E mi sembrava anche piacevole. Quando i miei film uscivano, il pubblico mi seguiva e avevano successo in tutto il mondo, quindi ero contento». E il messaggio arriva forte e chiaro: bandito dal cerchio magico dei cineasti doc con la lettera scarlatta stigmatizzata dall’affermazione commerciale, Dario Argento è stato vissuto dai critici di sinistra come un artista “pop”. Un corpo estraneo rispetto alla scuola di autori votati al cinema impegnato.
Il regista a Venezia: «Mai ospitato prima? Era giusto e bello così»
Una scuola di sceneggiatori e registi che, orfani di Suso Cecchi d’Amico, Monicelli, Scola e tanti altri, si è avvizzito e avvitato su stesso. E sul racconto di un Paese fatto di “due camere, bagno e cucina”. Eccezion fatta dei pochi eredi dei maestri di sempre che continuano a cimentarsi con successo – di pubblico e di critica – tra impegno civile e esigenze spettacolari. Lontano da tutto ciò. Ed esente – come ha sottolineato lui stesso – da traumi o frustrazioni di sorta. Oggi con il debutto al Lido per Dario Argento è il momento della rivincita e della ripartenza. Tanto che l’autore de L’uccello dalla piume di cristallo e Il gatto a nove code, ha anche annunciato che vorrebbe tornare dietro la macchina da presa. «È pronta la sceneggiatura di un mio film che vede come protagonista la mia cara amica Isabelle Huppert», ha raccontato il cineasta al Lido. E chissà se il progetto nel cassetto del regista aiuterà a rinverdire di nuova linfa un blasone lasciato a impolverarsi e disegnato da critici e giurati integralisti…