Pd, i tentativi disperati di salvare il soldato Schlein: ora torna in campo pure Cofferati
Sergio Cofferati che annuncia il ritorno nel partito perché “credo di dover dare una mano a chi deve guidarlo”; Michele Emiliano che si offre di “coordinare con gli altri governatori la campagna elettorale per le europee”. Se due indizi fanno una prova, è evidente che nel Pd c’è chi ha annusato il collasso e ha capito che l’unica strada percorribile è cercare di evitarlo puntellando Elly Schlein, cantandone le lodi da un lato, ma cercando di raddrizzarne il corso dall’altro. Perché Schlein sarà pure tanto capace, intelligente e appassionata, come sostengono i due, ma ha delle innegabili difficoltà a far passare il messaggio e a gestire la macchina: internamente, con le fughe in massa di dirigenti e militanti, ed esternamente, con i rapporti tesi con il M5s, “l’alleato inevitabile”, come lo definisce Emiliano. E poiché con una campagna elettorale alle porte, tutto si può fare tranne che alimentare faide e mettere in discussione la segreteria, la scelta che rimane è quella di tentare un commissariamento soft. O, per lo meno, un affiancamento deciso.
Cofferati torna in pista per “dare una mano a chi deve guidare il partito”
“Ho deciso di iscrivermi di nuovo al Pd perché condivido l’orientamento che il partito ha preso dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria. Penso sia giusto dare una mano: la stagione del renzismo è definitivamente finita”, ha detto Cofferati, che dopo otto anni lontano dalle scene ha preso la tessera a Genova. “Penso sia giusto aiutare il partito, non chiedo incarichi ma credo di dover dare una mano a chi deve guidarlo, mettendo a disposizione le mie competenze e le esperienze che ho accumulato”, ha aggiunto l’ex segretario della Cgil e fondatore del partito in un’intervista a La Stampa. Alla domanda di Mario De Fazio, che firma l’intervista, sul perché abbia scelto di “rientrare proprio ora, dopo sei mesi di nuovo corso e un’identità del partito ancora in divenire”, Cofferati ha risposto che “condivido l’orientamento che si sta affermando nel Pd con Elly Schlein alla segreteria. È una donna molto intelligente e ha passione”, sottolineando poi di considerare lo slittamento a sinistra del partito un punto di forza perché “il Pd è un partito di sinistra, con un’eredità e una storia da valorizzare”. “La stagione del renzismo si è definitivamente chiusa. Per fortuna”, ha proseguito Cofferati, in un ragionamento che ha affrontato tra l’altro il tema degli abbandoni a vantaggio di Calenda, mettendo in discussione il fatto che chi si dice riformista lo sia davvero, e nel quale ha lanciato una bordata contro il Jobs Act, che ha suscitato subito forti malumori tra le file dem che quella legge la sostennero e approvarono: da Lia Quartapelle a Marianna Madia, fino a Filippo Sensi. Non proprio un esordio incoraggiante per chi vuole dare una mano.
L’ombra degli addii a vantaggio di Renzi
La circostanza dei 30 dirigenti liguri che hanno dato l’addio al Pd, proprio in quella Liguria in cui Cofferati torna in pista, non si può ignorare nella valutazione complessiva di certi slanci volontaristici. Anche perché la sottolineatura su quanto il Pd “riformista” di Renzi fosse indigeribile e quanto quello di Schlein sia invece un toccasana è arrivata anche da Emiliano, in un’intervista al Fatto Quotidiano molto orientata sul tema dell’alleanza col M5S, ovvero delle difficoltà esterne del partito. Che ora riemergono con forza anche sui migranti. “Non si è mai troppo a sinistra. La strada di Elly è quella giusta, ma averla imboccata non significa necessariamente che si arriverà alla meta desiderata. Occorre mediare, comporre, ridurre gli egoismi e gli spigoli”, ha detto Emiliano, ricordando che “ho combattuto quel Pd di Renzi che assomigliava alla destra e che non riusciva a dare garanzia sui nostri valori. Ecco perché ho sempre sostenuto la difficile strada dell’alleanza tra un Pd rinnovato e il M5S di Conte” e la necessità di “formare una terza gamba della coalizione progressista, che sia più credibile ed emotivamente equilibrata rispetto alla coppia Calenda-Renzi”.
Emiliano: “Il metodo di dare uno schiaffone al tuo alleato in pectore non funziona”
“Non funziona il metodo di dare uno schiaffone al tuo alleato in pectore per togliergli qualche punto, perché togliersi voti tra partiti alleati a sinistra, compromette la fiducia complessiva dell’elettorato progressista che di fronte a un’inconsistenza politica si rifugia nell’astensionismo, se non addirittura nel votare in silenzio per le leadership avversarie”, ha detto Emiliano, per il quale “Conte non deve temere che sovrapporsi troppo al Pd possa danneggiare il risultato elettorale del M5s alle Europee dove si votano singoli partiti e non coalizioni. Pd e 5s prendono più voti se sono una credibile alternativa all’attuale governo anche alle Europee. Devono competere in modo collaborativo e impeccabile nella forma e nella sostanza. Non litigare dando giudizi su partner politici inevitabili”.