Al via il “Summit per la pace” con Meloni. Inizio dei lavori in salita, ma la diplomazia è al lavoro
Al via al Cairo il “Summit per la pace”, al quale partecipano oltre trenta leader tra i principali capi di Stato e di governo europei e dell’area mediorientale, più diversi di altre parti del mondo, ritratti tutti insieme nella foto di rito che ha aperto ufficialmente i lavori. Giorgia Meloni ha confermato ieri la sua presenza ed è arrivata poco prima delle 10 nella capitale egiziana, dove tra gli altri è presente anche il leader dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. Meloni, al termine del vertice, il cui focus è sugli “sviluppi e il futuro della causa palestinese e del processo di pace”, ha in programma di fare tappa a Tel Aviv, per poi rientrare a Roma in serata.
Meloni arrivata al Cairo per il “Summit per la pace”
In occasione della foto Meloni ha avuto uno scambio di battute con il “padrone di casa”, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e il Re di Giordania Abd Allah II e un saluto con il presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez. I leader poi hanno preso posto al grande tavolo circolare dell’Hotel St. Regis, sede del vertice, con al centro il simbolo del summit, una colomba di pace.
Al Sisi: “Far ripartire il processo di pace, servono due popoli, due Stati”
“È un momento molto difficile per l’umanità, prima della nostra fede è importante la vita. Il popolo palestinese deve essere protetto e preservato”, ha detto al Sisi aprendo i lavori e rilanciando la necessità della soluzione “due popoli, due Stati”. “L’Egitto rifiuta categoricamente la liquidazione della causa palestinese” e “Israele – ha aggiunto – non può continuare la colonizzazione della Palestina. La soluzione è la giustizia, il diritto inalienabile all’autodeterminazione”. Al Sisi, inoltre, si è soffermato sul fatto che occorre “prevenire l’allargamento del conflitto, che può mettere a rischio la stabilità della regione” e far “ripartire il processo di pace” con un “ritorno al tavolo di negoziazione per il cessate il fuoco” e “l’applicazione della soluzione di due Stati che convivono pacificamente fianco a fianco, nel rispetto del diritto internazionale”.
Le accuse a Israele sul valico di Rafah
Il presidente egiziano ha inoltre rimarcato la necessità di “non coinvolgere i bambini nella crisi umanitaria” in corso, rivendicando che “l’Egitto è impegnato per far arrivare aiuti a Gaza” e “non ha mai chiuso il valico di Rafah“. Secondo quanto sostenuto dal presidente egiziano, “sono stati i bombardamenti israeliani che hanno interrotto il passaggio”. “Non possiamo accettare questa migrazione forzata. Il popolo palestinese non vuole lasciare il proprio territorio”, ha aggiunto al Sisi, sottolineando che “la soluzione” al conflitto in Medio Oriente “è la proclamazione dello Stato palestinese”.
Abu Mazen: “Resteremo nella nostra terra”
La soluzione dei “due popoli, due Stati” come unico viatico per “sicurezza e pace” è stata rilanciata anche da Abu Mazen. “Siamo contrari alla dislocazione del nostro popolo e a qualsiasi migrazione forzata del nostro popolo. Resteremo nella nostra terra”, ha detto il leader palestinese, lanciando poi un duro atto d’accusa nei confronti di Israele: “Il nostro popolo – ha detto – sta affrontando una offensiva selvaggia da parte dello Stato di Israele, che sta violando la legge internazionale” con un impatto “su cittadini e infrastrutture, senza alcuna distinzione”. Il leader dell’Anp quindi ha chiesto l’apertura dei corridoi umanitari per l’ingresso dei soccorsi e rivolto un appello per evitare che “i civili di ambo le parti siano oggetto di azioni ostili e liberare tutti gli ostaggi”. Bisogna “impedire la violenza e far sì che le modalità per arrivare alla pace e a una de-escalation siano implementate”, ha aggiunto Abu Mazen, chiedendo che “l’Onu si prenda la responsabilità di garantire la protezione del popolo palestinese”.
Re Abdullah di Giordania punta l’indice contro Tel Aviv
Anche dal re di Giordania, Abdullah II, sono arrivate parole pesanti contro Israele, accusato di violare il diritto internazionale e commettere crimini di guerra con i bombardamenti su Gaza. “La leadership israeliana deve rendersi conto che non esiste una soluzione militare ai suoi problemi di sicurezza”, ha detto re Abdullah II.
Un negoziato complesso, ma le diplomazie restano al lavoro sulla dichiarazione finale
Dunque, il vertice si svolge in un clima complesso, trapelato per altro già nella vigilia anche a proposito della dichiarazione finale. Secondo quanto emerso, infatti, a complicare la negoziazione tra leader europei e arabi ci sarebbe l’assenza nella bozza del testo di un riferimento al diritto di Israele a difendersi e di una condanna chiara di Hamas. La speranza è però che le consultazioni di oggi a margine del summit possano portare almeno a “una soluzione del problema del valico di Rafah” per permettere l’ingresso a Gaza degli aiuti umanitari e l’uscita degli stranieri e dei cittadini con doppia cittadinanza.