Case green, a dicembre l’accordo sulle direttive Ue: il governo italiano ottiene i primi risultati
Potrebbe arrivare entro dicembre il via libera definitivo alla Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, anche nota come “case green”. Ma per il governo italiano una buona notizia c’è già ed è il superamento degli standard minimi di prestazione energetica, su cui si era accesa un’aspra contesa dopo la prima approvazione del Parlamento europeo a marzo scorso. L’adozione di una cornice molto meno rigida rispetto alla versione iniziale è maturata all’ultima riunione tra i negoziatori del Consiglio Ue, del Parlamento e della Commissione. Si è deciso, in pratica, di accantonare i ferrei criteri comuni sulla prestazione energetica degli immobili (art. 9 della proposta di Bruxelles) per privilegiare le medie di riferimento di ciascun Paese sul proprio patrimonio edilizio.
Case green, tutt’altro scenario rispetto al 2021
Saranno quindi gli Stati a indicare il grado e le traiettoria di ristrutturazione in base ai rispettivi sistemi nazionali di classi energetiche. Tutt’altro scenario rispetto alla proposta della Commissione del 2021, che con gli standard minimi di prestazione energetica introduceva l’obbligo di ristrutturare in tutta l’Ue almeno il 15% degli edifici con le peggiori prestazioni. E tutt’altro scenario anche rispetto al testo licenziato da Strasburgo, che prevedeva regole ferree: classe energetica E entro il 2030 per l’edilizia pubblica e classe energetica D entro il 2033 per gli edifici residenziali; interventi prioritari sul 15% degli edifici energivori; obbligo di realizzare da inizio 2026 per i nuovi edifici pubblici, e dal 2028 per quelli privati, i cosiddetti Zeb, Zero emission buildings. Solo per gli edifici residenziali, per l’Italia si sarebbe trattato di ristrutturare tra i 3,1 milioni e i 3,7 milioni di fabbricati entro il 2033.
Le stime ufficiali
Più, altri 1,6 milioni di edifici energivori. Secondo stime ufficiali, in Italia il 53% delle abitazioni è stato costruito prima del 1970, il 31% tra il 1971 e il 1990, il 7,4% tra il 1991 e il 2000, e circa l’8% nel ventennio successivo. Un parco immobiliare vecchio, dunque, che richiederebbe interventi di notevole portata per l’adeguamento energetico. Con l’ultima bozza di accordo decisamente più flessibile, invece, agli Stati membri spetterà di elaborare piani di ristrutturazione entro il 2050, con scadenze intermedie e target di riduzione dei consumi di energia. Senza più l’obbligo di aderire all’armonizzazione delle certificazioni energetiche a livello europeo. Entro dicembre, però, restano da sciogliere alcuni nodi non secondari. Come la definizione della percentuale di risparmio medio di energia primaria da raggiungere entro il 2030 e il 2035 (per proseguire verso l’obiettivo di zero emissioni nel 2050) e come la determinazione delle agevolazioni fiscali con cui sostenere le famiglie chiamate a ristrutturare i propri immobili. (ITALPRESS).