Darmanin sferza la Ue che s’è appena svegliata sui migranti: in Francia finanziava associazioni a rischio terrorismo

19 Ott 2023 12:05 - di Lorenza Mariani
Darmanin migranti

La minaccia del terrorismo in Francia alza la voce, e il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin sull’argomento risponde a tono, picchiando duro. E a Lussemburgo, a margine del Consiglio Affari Interni, dopo l’uccisione del professore nel liceo di Arras per mano di un ex studente radicalizzato. E a seguito dei numerosi allarmi bomba risuonati a ripetizione negli ultimi giorni, contrattacca senza giri di parole: «Noto che, in Belgio come in Francia, sono state due persone di nazionalità straniera a commettere gli attacchi terroristici di Arras e Bruxelles. Quindi ora dobbiamo applicare in modo molto concreto il patto sull’immigrazione, che abbiamo negoziato, per controllare le nostre frontiere. Registrare le persone ed effettuare i colloqui di sicurezza che sono preliminari a qualsiasi valutazione, in particolare per le domande di asilo».

Migranti e terrorismo, Darmanin: urge applicare il Patto migrazioni per controllare le nostre frontiere

«Vediamo – continua Darmanin – che la crisi terroristica, che dura da molti anni sul territorio europeo, colpisce tutti i Paesi. Recentemente ovviamente la Francia e il Belgio. Ma anche la Svezia e tutti i Paesi occidentali ne sono colpiti. Dobbiamo continuare ad andare avanti, soprattutto per quanto riguarda il controllo delle nostre frontiere», sulla cui attuazione il ministro non ha dubbi. E ribadisce: «Il patto migratorio ha la sua importanza, in particolare per conoscere le persone che vengono sul nostro territorio, per poter effettuare colloqui di sicurezza. Per poter separare coloro che presentano rischi». Pericoli che fanno paura e che hanno tradotto l’orrore in sangue e morte: nel novembre del 2015 con gli attacchi a Parigi, quando un commando jihadista seminò il terrore nel cuore della Francia, e dell’Europa, lasciando dietro di sé 130 morti e circa 450 feriti.

La denuncia del ministro: «La Ue finanziava associazioni in Francia a cui avevamo tagliato fondi»

Una serie di attentati coordinati che colpì, più o meno simultaneamente, lo Stade de France, dove giocava la nazionale. Diversi ristoranti. E la sala concerti del Bataclan, gremita per il concerto degli Eagles of Death Metal, dove avvenne l’attacco più sanguinoso. Una lunga scia di sangue arrivata solo cinque giorni fa in un liceo di Arras. E martedì scorso sconfinata a Bruxelles. Una morsa a tenaglia, quella della minaccia della rete del terrorismo islamico, che stringe d’assedio il cuore dell’Europa attraverso la giungla dell’immigrazione clandestina di cui solo ultimamente – e dopo il pressing del governo Meloni soprattutto – le istituzioni del vecchio continente stanno cominciando a stringere le maglie. Giusto ieri, non a caso, Ursula von der Leyen, parlando dei migranti illegali, ha affermato che «la Commissione europea ha proposto che, se una persona è considerata una minaccia per la sicurezza nazionale, gli Stati membri abbiano il potere di obbligarla a partire». Di una modifica che va approntata «urgentemente».

«Ho dovuto impiegare molta energia politica per convincere a smettere di finanziare a livello europeo queste realtà»

Sul punto, allora, e sulle sue diramazioni e inestricabili concatenazioni, Darmanin poco fa ha denunciato: «Le istituzioni europee “finanziavano” in Francia alcune associazioni cui il governo nazionale aveva tagliato i fondi. O che stava sciogliendo d’autorità, perché non rispettavano l’uguaglianza tra i sessi o perché consideravano il secolarismo francese un “nemico”», sottolineando: «In più occasioni ho dovuto impiegare molta energia politica, per convincere a smettere di finanziare a livello europeo queste associazioni in Francia. Si tratta di poche associazioni, ovviamente, non di centinaia di strutture. Ma questa ingenuità, purtroppo, mantiene anche questo ecosistema separatista, che permette il passaggio all’azione di chi si radicalizza», ha proseguito il ministro.

Migranti e rischio terrorismo, l’appello di Darmanin a «lottare contro il “jihadismo d’atmosfera”»

Concludendo infine: La Francia, «quando ha presieduto l’Unione Europea, ha proposto un concetto, che è quello del separatismo. Quello che potremmo chiamare jihadismo d’atmosfera, cioè le persone che utilizzano associazioni. Che utilizzano luoghi di culto, Internet»… Insomma, «una sorta di ecosistema che permette il passaggio all’azione. E che permette la radicalizzazione. Dobbiamo lottare senza ingenuità contro questo ecosistema. Contro questo jihadismo d’atmosfera», ha sollecitato il ministro Darmanin a Lussemburgo, chiosando poi amaramente: «Purtroppo constatiamo qua e là che c’è ancora un po’ di ingenuità, sia nelle istituzioni di alcuni Paesi. Sia dell’Unione Europea. E anche nel modo di dimostrare la nostra autorità nei confronti di queste strutture nello scioglimento delle associazioni. Nel porre fine ai sussidi a queste associazioni. In generale, nella lotta per ciò che la Francia chiama laicità. Vale a dire, il fatto che la religione deve rimanere in una sfera separata e non deve occupare tutto il posto che talvolta occupa, in particolare in un certo numero di sistemi che riguardano l’Islam radicale».

«Il terrorismo oggi non arriva più solo da gruppi organizzati che arrivano da Sahel o Afghanistan: sono sul nostro territorio»

E ancora. «Dobbiamo capire che oggi i passaggi all’atto terroristico – ha aggiunto il ministro – non vengono più solo da gruppi organizzati, che arrivano dal Levante o dal Sahel o dall’Afghanistan per colpire il nostro Paese o il nostro continente (come è avvenuto al Bataclan in Francia). Si tratta di persone che sono sul nostro territorio. Spesso di nazionalità straniera. O che lo sono state, e si auto-radicalizzano su Internet, ad esempio. O in contatto con associazioni che, sotto la maschera della beneficenza, sono i luoghi dove le cellule terroristiche esistono e agiscono, come abbiamo visto in diversi Paesi europei». Ma, ha quindi concluso Darmanin, «adesso abbiamo le armi per applicare questa fermezza. Abbiamo gli strumenti, perché il coordinatore dell’intelligence e dell’Unione Europea per l’antiterrorismo fa un ottimo lavoro e ci aiuta molto. Ora dobbiamo usare queste armi ovunque in Europa», dove la minaccia del terrorismo aleggia più pesante che mai…

 

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