È morto Mario Coen Belinfanti: gigante e gentiluomo della destra politica e culturale

30 Ott 2023 15:53 - di Gloria Sabatini

È morto ieri a Roma, all’età di 98 anni,  Mario Coen Belinfanti. Nato a Firenze l’8 luglio 1925, è stato uno dei protagonisti più autorevoli, anche se poco appariscente per indole, della vita politica e culturale del dopoguerra. Dotato di una spiccata sensibilità, accompagnata da una coerenza esemplare e da un solida cultura tradizionale, Mario si arruolò appena 18enne nella Rsi. Scelta maturata di slancio dopo l’8 settembre, proprio nel giorno della fuga del re quando, affacciato con il binocolo dal terrazzo della sua abitazione nel quartiere Delle Vittorie, vide la bandiera tricolore ammainata sul pennone del Quirinale. Lui con quel cognome ingombrante, ‘ereditato’ dal papà Alberto, geniale inventore, fotografo, disegnatore, all’epoca consulente del ministero della guerra. Cognome per il quale, malgrado la convinta conversione al cattolicesimo, con l’introduzione delle leggi razziali nel ’38 il papà fu cacciato dal ministero e perse il lavoro.

È morto Mario Coen Belinfanti: coerenza ed esempio

Mario Coen entra nel battaglione Granatieri (malgrado il suo metro e 70), “Compagnia Studenti volontari Roma”, per volere del comandante che, redarguito da un superiore perché il ragazzo non aveva l’altezza regolamentare, rispose “non ha l’altezza regolamentare ma ha quella morale”. Poi l’incontro della vita, con l’allora tenente Gianfranco Chiti, figura straordinaria di patriota e uomo di fede. Dopo il campo di concentramento di Coltano, Chiti conclude la sua carriera militare fino al grado di generale per poi prendere i voti nel 1978. Un gigante di bontà e rigore morale che gli valgono le pratiche per la beatificazione dopo la proclamazione di servo di Dio. Dall’esperienza militare nella Rsi scandagliata nei minimi dettagli emerge un uomo dal cuore grande, che non ha mai fatto rappresaglie e salvò molti partigiani ed ebrei, tra i quali un giovane Segre che arruolò per strapparlo alle vendette naziste.

La Rsi a 18 anni, la passione politica nel Msi

Recentemente – ci racconta il figlio Claudio – Mario rivelò che nel suo primo scontro a fuoco, a Roma, con un gap partigiano durante un pattugliamento sparò a tre metri di altezza per non colpire ‘ il nemico’. Personalità poliedrica, colta, attenta alla spiritualità e  allo studio delle diverse culture e religioni, nel primo dopoguerra Mario Coen Belinfanti inizia la sua attività politica nel Msi (fu segretario della sezione delle Vittorie negli anni ’50) per poi lasciarla per dedicarsi al lavoro e alla famiglia. Aveva un piccola impresa che tenne in vita fino all’età di 84 anni. Anche sul lavoro Mario applicava i principi della partecipazione e della socialità mettendo in pratica teorie che con lui si fanno azioni. Pur tra mille difficoltà, anche economiche, non si piegò mai a facili compromessi che avrebbero minato la sua libertà. Da imprenditore prendeva poco più dei suoi operai, perché questa fu la sua cifra: coniugare con semplicità idee e azioni.

La famiglia, il lavoro e gli incontri con uomini speciali

Sposò Rossana, morta nel 1989, con con la quale ha camminato per mano per trent’anni e ha avuto un figlio Claudio. Alla fine degli anni 60 conosce Julius Evola con il quale ha una frequentazione assidua e preziosa. Fu tra i soci fondatori della Fondazione Evola. Refrattario al palcoscenico e ai pennacchi, Mario Coen Belinfanti frequentò mondi diversi grazie alla sua apertura al dialogo e alla sua straordinaria cultura. Frequentò tra gli altri il cenacolo di via degli Scipioni e la Libreria Europa di Alessio Borraccino. Fuori dall’alveo della politica a segnare buona parte della sua vita fu il ritrovo con gli ex commilitoni agli inizi degli anni ’80, una comunità umana che si ritrovava in raduni e incontri periodici.

La testimonianza del figlio Claudio

“Da figlio – racconta Claudio – posso dire che la più grande eredità che mi lascia è quella di avermi fatto conoscere persone di grande spessore. Del calibro di Silvano Panunzio, dell’ingegnere Volpi, i fratelli Sermonti, Camilian Demetrescu, Pio Filippani Ronconi e Massimo Scaligero. Negli ultimi anni ripeteva di ringraziare Dio per avergli fatto conoscere nel suo cammino persone speciali”. Ricerche spirituali lunghe una vita. Una vita piena, fatta di incontri unici, di coerenza e semplicità cementate da un forte amore per la patria. “Mi ha insegnato – continua Claudio – a prendere parte ma non essere di parte”. Tre vite in una: la prima in mezzo alla guerra fino a 30 anni; poi fino al 1990 con la sua famiglia, la moglie Rossana e il figlio Claudio. La terza, infine, dal 1990 fino a ieri. Lucidissimo e curioso fino all’ultimo, circondato dall’amore di Claudio, di sua moglie Dalia e del nipote Flavio. Negli ultimi anni commentava gli avvenimenti dell’attualità molto sconcertato e avvilito di come l’umanità non facesse tesoro di niente. Di lui restano le tracce di un grande uomo, semplice e inimitabile, raro esempio di valore civile e religiosità.

I funerali si svolgeranno domani a Roma alle ore 15 presso la Basilica di San Giovanni a Porta Latina ( Via di Porta Latina, 17). Al figlio Claudio, ai familiari e a quanti gli hanno voluto bene giungano le condoglianze e l’abbraccio della comunità del “Secolo d’Italia”.

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