Foibe, Menia: “Da oggi lo Stato finanzia i viaggi del Ricordo. Oltre la maledizione del tempo che passa”

4 Ott 2023 14:27 - di Gloria Sabatini

“La maledizione del tempo che passa”. È la prima riflessione a voce alta di Roberto Menia, parlamentare di FdI, nato a Pieve di Cadore e figlio di una esule istriana, una vita a destra, fin dalla militanza giovanile nel Fuan, l’organizzazione universitaria del Msi di cui è stato presidente nazionale. Pensieri e parole il giorno dopo l’approvazione nell’Aula del Senato di un disegno di legge che finanzia i viaggi del Ricordo nei luoghi delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Prima lasciati all’iniziativa spontanea di presidi e docenti. Un’altra tappa, dopo l’istituzione nel 2004 del Giorno del Ricordo, a suggello di un lungo cammino per restituire alla memoria nazionale una delle pagine più buie e atroci della storia italiana.

Menia: lo Stato finanzia i Viaggi del Ricordo

Sono passati 80 anni dai primi infoibamenti e dal massacro di Norma Cossetto – ricorda Menia – e quasi 20 anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo. Oggi per la prima volta lo Stato dedica un fondo (1 milione di euro in capo al ministero dell’Istruzione e 300mila euro per le associazioni degli esuli) per istituire i Viaggi del Ricordo, pellegrinaggi d’istruzione nelle terre martoriate dall’invasione di Tito”.

La maledizione del tempo che passa

Qualcuno, Menia pensa al vescovo di Pola e Parenzo monsignor Radossi, dice che il tempo è la migliore medicina. “È vero, se pensiamo alle ferite personali, ma è una maledizione se pensiamo alla costruzione di una memoria collettiva”. Memoria negata e silenziata da oltre mezzo secolo di oblio e bugie. “Purtroppo c’è ancora una sacca di negazionismo, lo dimostrano le due astensioni di ieri al Senato. Le pubblicazione di Eric Gobetti, autentiche porcherie pubblicate dalla casa editrice Laterza. Un sedicente scrittore che nel suo profilo Facebook mette la foto di suo figlio con la bandiera jugoslava e la didascalia ‘cuor di papà”.

 

Le sacche di negazionismo dopo 80 anni

Ma non è l’unico. Nel manipolo scalcinato dei negazionisti brilla anche Tomaso Montanari, il rettore dell’università per stranieri di Siena. “Se avessi pochi anni di meno e mia mamma non fosse andata via – dice Menia – oggi  sarei croato e prenderei lezioni di storia da un negazionista”. C’è ancora tanto da pedalare, ma la strada fatta è tanta. Il prossimo 10 Febbraio – c’è da giurarci – sfileranno le solite delegazioni dell’Anpi a insultare l’omaggio alle vittime delle foibe. “È una guerra che non finisce mai”. L’importante – scandisce Menia, padre della legge che istituisce il Giorno del Ricordo – è lasciare un segno. Questo è quello che davvero conta, il resto passa”.

L’iter della legge sul Giorno del Ricordo

Per la legge c’è voluta tutta la sua testardaggine e ostinazione istriana. “Ero appeno entrato in Parlamento nel 1994 quando presentai la prima proposta di legge per la concessione della  medaglia alla memoria dei nostri infoibati nel confine orientali. Una richiesta che mi venne dall’irredentista Luigi Papo, esule istriano, scampato miracolosamente vivo dal campo di concentramento. Fece una sorta di voto alla Madonna, se fosse sopravvissuto avrebbe dedicato tutta la sua vita alla causa degli esuli delle Venezia Giulia e della Dalmazia. E così è stato”.

Non chiediamo soldi né pensioni, solo il ricordo

Fu lui a suggerire a Menia la proposta. “Non chiediamo soldi, né pensioni. Vogliamo che l’Italia ricordi i caduti delle foibe”. L’iter del provvedimento fu lungo e tormentato. Nel 2001 la Camera approva ma il Senato boccia il testo con il voto determinante dell’allora Pds. Alla legislatura successiva – quella dal 2001 al 2006 – Menia ci riprova. “Utilizzai la corsia preferenziale prevista per una legge approvata nella legislatura precedente da uno dei due rami del Parlamento, la procedura d’urgenza. L’istituzione del Giorno del Ricordo fu approvata come emendamento all’altra legge. Era il 2004“. Sono più di mille finora le medaglie conferite, c’è un’istruttoria da seguire e la valutazione di una commissione di storici ed esponenti delle forze armate.

Il Comitato 10 Febbraio e una Rosa per Norma

A tenere viva la memoria pulsante dell’orrore delle foibe è il Comitato 10 Febbraio, che ieri ha presentato alla stampa la quarta edizione di Una Rosa per Norma, dedicata alla giovane studentessa istriana, sequestrata, violentata da 17 aguzzini titini e gettata nella foiba di Villa Surani, proprio nella notte tra il 4 e il 5 ottobre di 80 anni fa. “Questo fine settimana – racconta Menia – insieme all’Unione degli istriani farò un pellegrinaggio con la visita alla tomba di Norma Cossetto, nel piccolo cimitero di Santa Domenica di Visinada, andremo a Pisino, alle fosse comuni, a Parenzo”.

 

Il ricordo di Licia Cossetto: le ho voluto bene

Roberto Menia ha conosciuto personalmente Licia Cossetto, sorella di Norma, morta lo stesso giorno, 70 anni dopo. “Le ho voluto molto bene, è stata una vecchietta simpatica per mia figlia alla quale mandava di tanto in tanto dei biscotti. Fu lei, insieme allo zio, a ritrovare il corpo della sorella su un cumulo di cadaveri decomposti. Norma, invece, era intatta, pareva che dormisse mi raccontò Licia. Aveva ancora il maglioncino che ci aveva regalato papà con le Dolomiti”. Dopo decenni, nel 2006, l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì a Norma Cossetto la Medaglia d’Oro al valore civile, ritirata dalla sorella Licia. Un riconoscimento tardivo ma significativo, “nel ricordo – disse Ciampi – di coloro che perirono in condizioni atroci nelle foibe”.

Ciampi era partigiano ma patriota

“Ciampi era partigiano e antifascista. Ma era patriottico, nel 2004 chiesi e ottenni le Medaglie d’oro per sei ragazzi morti nella rivolta di Trieste nel ’53 per Trieste italiana, tra i quali un giovanissimo di 14 anni. Abbiamo fatto il possibile. Abbiamo vinto? Penso di sì. Dopo decenni di congiura del silenzio. Di oblio, mistificazioni e ingiustizie”.

 

 

 

 

 

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