Il Cnel boccia il salario minimo. Il giuslavorista: un giusto parere, ripartire dalla contrattazione collettiva

5 Ott 2023 18:44 - di Redazione
Cnel salario minimo

Il Cnel, guidato dall’ex ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, boccia il salario minimo e chiede di ripartire dalla contrattazione collettiva. Nella relazione, tuttavia, mette nero su bianco i problemi del sistema, a partire dal rinnovo dei contratti esistenti. Parere contestato dalle opposizioni che fanno sapere che andranno comunque avanti sulla proposta della soglia di 9 euro come paga oraria minima.

Approva quanto deciso dal Cnel  l’avvocato giuslavorista Gabriele Fava, che spiega all’Adnkronos che “questa prima valutazione è una fotografia oggettiva della situazione attuale in Italia, che condivido proprio perché oggettiva. I componenti della commissione hanno scritto cosa prevede la direttiva europea, qual è la copertura attuale della contrattazione collettiva nei confronti dei lavoratori, qual è la percentuale dei contratti ‘pirata’. Ciò che manca ancora è l’eventuale proposta in merito a un salario minimo. Secondo me, se è vero che occorre assolutamente contrastare il lavoro povero, il salario minimo è non solo contrario ai principi fondanti della normativa sul lavoro, ma anche ai principi di libertà economica salvaguardati dalla stessa Costituzione, che, pur affermando il principio della giusta retribuzione, non scelse mai la strada del salario minimo legale”.

La Costituzione -spiega ancora Fava- “lascia piuttosto una riserva nella specifica materia per la contrattazione collettiva, quindi lasciando alle organizzazioni sindacali e datoriali il compito di fissare la giusta retribuzione nei diversificati sistemi produttivi”. Secondo il giuslavorista, quindi, “andare a tentare di introdurre un salario minimo legale va anche contro la libertà di contrattazione e di individuazione, e quindi anche contro la libertà d’impresa”. “E di conseguenza non è la misura idonea oggi nel nostro mercato del lavoro, ancora di più se pensiamo che l’Ue suggerisce agli Stati che hanno una contrattazione collettiva al di sotto l’80% di intervenire con il salario minimo ma la nostra copertura è di gran lunga superiore visto che siamo intorno al 94%, quasi il 100%”, spiega ancora.

Secondo Fava, “al posto di immaginare una norma del genere sul salario minimo, quindi, occorrerebbe adottare una manovra che estenda, invece, l’efficacia dei contratti collettivi nazionali a quelle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione collettiva nazionale”, continua. “Sarebbe forse più utile favorire il pieno coinvolgimento delle parti sociali sull’abbassamento del costo del lavoro, sulla lotta al lavoro povero e l’abbassamento del cuneo fiscale, che è l’unico metodo per incrementare l’occupazione, rilanciare lo sviluppo delle imprese e anche la capacità d’acquisto dei consumatori senza innestare politiche inflattive”, conclude.

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *