Landini si consegna al Pd ed evoca per l’ennesima volta lo sciopero generale contro la destra…
Il corteo romano della Cgil è cominciato con la bagarre di numeri e una locandina a fare da road map che elencava brevi cenni sull’universo: una sfilata in otto “tappe” che avrebbe dovuto indicare, secondo organizzatori e partecipanti, “la via maestra” su lavoro, pace, salute, democrazia, ambiente, salari, istruzione, fino ad arrivare ai diritti. Poi è proseguito con slogan dispensati sulla qualunque, ed è finito in farsa, con tanto di abbraccio dietro le quinte di Piazza San Giovanni tra la segretaria del Pd, Elly Schlein, e il leader sindacale Maurizio Landini, a suggellarla nel retro-palco.
Landini, la bagarre sui numeri e lo show del comizio
In mezzo, tanta retorica vetero-comunista, un guazzabuglio di sigle e firma apposte in calce alla manifestazione – dall’Anpi alla Fiom, passando per pacifisti, ambientalisti, movimenti studenteschi e, chi più ne ha, più ne metta –. E cori, tanti cori di Bella Ciao, in cui la numero uno del Nazareno si è esibita con gli altri delegati del Pd in missione durante la sfilata in Via Labicana.
In Piazza San Giovanni ci si appella allo sciopero già evocato in epoca non sospetta…
Tutto, insomma, nella più ossequiosa osservanza della liturgia rivendicazionista di sinistra, che nel suo rituale non può prescindere dall’invocazione dello sciopero generale. Un annuncio che Landini caldeggia e sventola ormai da settimane, e che non avrebbe certo potuto rappresentare dunque la sorpresa del corteo e del comizio finale che, di inedito e sorprendente, ha avuto poco da registrare nella cronaca delle accuse, delle lamentazioni e delle orazioni finali. Insomma, l’autunno caldo millantato ormai da mesi potrebbe essere più tiepido del previsto: e la cosa rappresenterebbe un bel problema per Maurizio Landini, specie dopo le performances messe in piazza oggi a Roma.
Landini se la suona e se la canta: Cisl e Uil intanto non erano al corteo
Il sindacalista, si sa, punta tutto sull’opposizione al governo. E per non farsi trovare impreparato, ha fissato in calendario da tempo la manifestazione di oggi. Così come da tempo – agitando la piazza persino ben prima che arrivasse la manovra – ha prenotato anche lo sciopero generale. Un’esibizione di ottimismo – o di pessimismo, a seconda di come la si guardi – che si scontra intanto con la prudenza degli altri sindacati. Una decisione che andrebbe ratificata solo una volta conclusa la consultazione straordinaria dei lavoratori, e comunque, dopo averne discusso anche con Cisl e Uil che oggi, guarda caso, non erano a manifestare. E che già a tempo debito hanno fatto osservare al collega della Cgil: «Ma almeno vediamo la manovra, no?».
Il timore che l’autunno caldo potrebbe essere più tiepido del previsto…
Obiezione alla quale il numero uno della Cgil Landini, intanto, ha risposto convocando due piazze in tre mesi, mentre gli indicatori economici confortano il lavoro che Palazzo Chigi sta svolgendo. Ma lui si porta avanti, come sullo sciopero. E infatti, mentre conclude il discorso con cui arringa la platea di manifestanti, Landini annuncia: «Noi rappresentiamo la maggioranza di questo Paese, abbiamo bisogno di batterci per i diritti e per il lavoro e non ci fermeremo, non ci fermeremo, e andremo avanti fino a quando non otterremo risultati». Tanto, a detta di Landini, che vira sul solito refrain, «i soldi si devono prendere dove sono. Abbiamo 110 miliardi di evasione fiscale, si cominci da lì».
Landini e quell’offesa agli elettori che hanno votato il governo in carica
E ancora: perché «abbiamo il dovere di cambiare il Paese, la società che con scelte sbagliate ha aumentato le disuguaglianze. È il momento di uscire dalla rassegnazione – incita la folla Landini – dall’idea che non si può cambiare, che bisogna subire. Ciò che ci unisce qui è la Costituzione», che va «difesa e attuata»…Quanto all’Armata Brancaleone di sinistra, invece, loro non hanno intenzione di fermarsi. E Landini annuncia sicuro: «Noi rappresentiamo la maggioranza di questo Paese – afferma in barba agli elettori che alle urne hanno votato per il governo in carica –. E abbiamo bisogno di batterci per i diritti e per il lavoro e non ci fermeremo. Non ci fermeremo. E andremo avanti fino a quando non otterremo risultati». Una sorta di resistere, resistere, resistere – anche questo già sentito – con cui poi il leader sindacalista lascia che cali il sipario.