Mostro di Firenze, una nuova inchiesta? La figlia di una vittima: “Sparite 17 foto fatte da mamma”
“Sono venuta in Italia perchè io voglio la verità, voglio il rispetto e voglio la giustizia per le vittime. Sono in Italia per cercare di capire perchè i processi non hanno portato a una verità definitiva e perchè ci sono stati tanti errori a ripetizione nelle inchieste su quello che per me fu un femminicidio. Forse ci sono stati anche dei depistaggi”. Per chiedere alla magistratura di non fermarsi nelle indagini sul cosiddetto “mostro di Firenze” è arrivata dalla Francia Anne Lanciotti, una delle due figlie di Nadine Mauriot (nella foto in alto con il fidanzato Jean-Michel Kraveichvili) la cittadina francese ultima vittima del duplice delitto del ‘mostro’. Ed è arrivata a Firenze alla vigilia dell’ennesima udienza davanti al gip del Tribunale per discutere l’opposizione all’archiviazione presentata dalla Procura su un filone parallelo all’inchiesta principale.
Mostro di Firenze, l’ipotesi di una nuova inchiesta
Il 9 settembre 1985 in una piazzola della frazione di Scopeti, nel comune di San Casciano in Val di Pesa (Firenze) il corpo della Mauriot, 36 anni, fu trovato accanto a quello del fidanzato, il 25enne Jean-Michel Kraveichvili: furono uccisi con una pistola calibro 22. La coppia si era accampata con una tenda canadese nelle campagne del paese che fu anche quello dei ‘compagni di merende’ Mario Vanni e Giancarlo Lotti e del presunto ‘mostro’ Pietro Pacciani.
A 38 anni da quell’ultimo assassinio i misteri del ‘mostro di Firenze’ sembrano arrivati a un bivio: chiudere l’ultimo fascicolo, lo stralcio che era stato aperto per la presunta manomissione della cartuccia Winchester rinvenuta nell’orto di Pacciani a Mercatale Val di Pesa (Firenze) nel 1992, oppure indagare ancora. La decisione è nelle mani del giudice Anna Liguori, che domani dovrà pronunciarsi sull’opposizione all’archiviazione proposta dall’avvocato Vieri Adriani, legale dei parenti della Mauriot.
Nadine Mauriot e la figlia che chiede giustizia
Anne Lanciotti aveva cinque anni quando il ‘mostro di Firenze’ uccise la sua mamma. A Firenze ha raccontato oggi la sua storia nella sede del quotidiano “La Nazione”, con accanto l’avvocato Vieri Adriani e Salvatore Maugeri, che fu amico di infanzia e giovinezza di Kraveichvili. Il sogno di Anne sarebbe quello di poter rientrare in possesso delle ultime immagini della madre, scattate con la sua macchina fotografica poco prima di essere uccisa. Ma i 17 scatti della Nikon della coppia francese di cui i legali avevano ufficialmente chiesto la restituzione non sono ancora sbucati dai magazzini dei corpi di reato. “Per me è ovvio che quelle foto hanno un’importanza immensa – ha detto Anne commossa – perchè esprimono gli ultimi momenti di gioia di mia madre con il suo fidanzato durante un viaggio in Italia. Vorrei vedere quelle foto che immortalano i suoi ultimi momenti di felicità”. Scoppiando in lacrime, la figlia di Nadine Mauriot ha confessato: “Mia madre era una persona allegra e molto dolce. Io la voglio ricordare come una donna sorridente che amava la vita”.
I depistaggi per incastrare i comprimari, Pacciani e company
Sia Anne Lanciotti che Salvatore Maugeri ritengono che la vicenda del ‘mostro di Firenze’ sia stata oggetto di depistaggi. Per loro, forse, i ‘compagni di merende’ potrebbero essere state dei comprimari o delle figure secondarie di una banda di criminali. “Sono turbata dall’uso del termine ‘mostro’ – ha detto la figlia dell’ultima vittima – La parola mostro richiama la mitologia, esseri soprannaturali e quindi inafferabili mentre questi delitti sono opera di criminali con dei disturbi mentali gravi. A me interessa la giustizia, la verità su quei delitti, non certo ottenere un qualche risarcimento finanziario come figlia di una vittima”. L’avvocato Vieri Adriani si augura che la magistratura “faccia quelle verifiche che finora non sono state fatte, che si indaghi fino in fondo, che non si lasci intenta ogni pista e ogni traccia portata alla luce”.
L’ultimo esposto archiviato forse frettolosamente
Adriani è anche il legale che con un esposto ha consegnato l’ultimo indagato alla storia degli otto duplici omicidi, l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti. La posizione di Vigilanti, archiviata nel novembre del 2020 (“frettolosamente”, come scrive l’avvocato in una memoria aggiuntiva consegnata al giudice in vista dell’udienza di domani) è oggetto di un’altra richiesta di riapertura delle indagini. Ma se il giudice disponesse ulteriori approfondimenti, come auspica la parte civile, il fascicolo dell’ex legionario potrebbe essere acquisito. E da lì, suggerisce ancora Adriani, potrebbero essere approfondite questioni rimaste in sospeso.
“Anche senza scomodare i servizi segreti deviati – afferma l’avvocato Adriani a “La Nazione” – partendo dal dato oggettivo che il signor Vigilanti percepiva, almeno fino a quando era indagato, una pensione dallo Stato, pur avendo lavorato solo per sette anni, in tutta la sua vita, e per un’impresa di pompe funebri, non sarebbe stato fuori luogo andare alla ricerca, fra le carte, ufficiali e non, riguardanti i suoi ambienti ‘preferiti’, cioè di destra, delle figure di apparato, uomini posti in posizione ‘chiave’ che avrebbero potuto coprirlo, o perché suoi ‘amici’ o perché da lui ‘ricattati’ su scomode verità, non certo perché lo avessero diretto dall’alto nella commissione di crimini in danno di coppie, come si è tentato di attribuire a questa difesa”.
L’elemento più roboante emerso, anche se a distanza di oltre 40 anni, dalle indagini sul l’ex legionario pratese è un appunto su di lui redatto da un agente del Sisde nel novembre del 1985. In quelle paginette che erano state infilate nel fascicolo personale aperto dalla Sam (la squadra Anti Mostro) nei confronti del pratese nato a Vicchio nel 1930, Vigilanti viene descritto come “uomo da combattimento, addestrato al tiro e alla lotta. che si allena al poligono con una Beretta della serie 70”. Quell’appunto era firmato M.M., sigla di un agente del Sisde dell’epoca che risulta tutt’ora in vita e che Adriani auspica venga sentito “per chiedere a questo ufficiale come fosse venuto in possesso di tali informazioni”.
La misteriosa scomparsa dei reperti archeologici
L’avvocato Adriani ha denunciato anche come molti reperti non si trovino più. Non è mai saltato fuori il calco dell’impronta di anfibio rinvenuta nei pressi dell’auto Golf di Stefano Baldi, ucciso con la fidanzata Susanna Cambi nelle campagne di Calenzano il 22 ottobre 1981. Non v’è traccia di immagini di un’altra orma di stivale militare impressa sul terreno della piazzola di Scopeti, vicino alla macchia dove il killer gettò il corpo di Kraveichvili. E nemmeno i 17 scatti della macchina fotografica Nikon della coppia francese di cui i legali avevano ufficialmente chiesto la restituzione si ritrovano. “Ci è stato risposto che essi sono spariti proprio, come tutti gli altri reperti contestualmente richiesti”, scrive Adriani nella memoria presentata al giudice per opporsi alla richiesta di opposizione, che aggiunge: “Non si comprende allora, come possa adottarsi una decisione sulla presente richiesta di archiviazione senza conoscere l’esito definitivo di quella precedente richiesta di restituzione”.