“I ragazzi non sanno gestire la frustrazione”: Crepet spiega perché a scuola un brutto voto funziona più dell’affettività

20 Nov 2023 10:13 - di Federica Parbuoni
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Lo psichiatra Paolo Crepet, in una intervista al Giornale sull’omicidio di Giulia Cecchettin, punta principalmente l’indice contro i genitori, perché è in famiglia, prima che a scuola, che si imparano “l’affettività e i sentimenti”. “Per strada, in famiglia, ovunque”. Per questo, si mostra scettico di fronte alle proposte per il loro insegnamento a scuola. Epperò, dalle sue parole, emerge come anche la scuola debba rientrare nelle riflessioni su come si generano casi di violenza cieca come quello di Filippo Turetta e su come prevenirli. Perché da lì sono state cancellate le occasioni per imparare a gestire i sentimenti deteriori, come la rabbia e la frustrazione, che si possono generare, per esempio, di fronte a un brutto voto.

Crepet: “I nostri ragazzi non sanno gestire la frustrazione”

“I nostri ragazzi non sanno gestire la frustrazione. Si mollano con la ragazzina e vanno fuori di testa, senza proporzione. Ma questa è colpa dei genitori che non glielo hanno insegnato. O meglio, che non li hanno lasciati liberi nella vita di impararlo con le loro esperienze, correndo sempre a proteggerli”, ha detto lo psichiatra, sottolineando che “pretendiamo di proteggerli da tutto, non permettiamo che si creino gli anticorpi per affrontare sfide e delusioni. Da quando sono piccoli. Cascare dal cavallino a dondolo e farsi un po’ di male fa parte della vita. Noi, da idioti, che facciamo? Mettiamo la gomma piuma attorno al cavallino”.

L’importanza dei voti, delle pagelle e delle bocciature

“Che senso – si chiede Crepet – ha eliminare i voti, le pagelle, le bocciature? Stiamo crescendo ragazzi che non sono più in grado di affrontare la sconfitta. Gli facciamo noi lo zaino, come se non fossero in grado. Del resto, parlo ovviamente in generale, sono i genitori i primi a voler essere eternamente giovani. E quindi è ovvio che i loro figli a loro volta non crescano”. C’è però anche un tema culturale, che ugualmente Crepet affronta in controtendenza rispetto al mainstream di questi anni: “Smettiamo di ragionare in base allo schemino dell’uomo assassino e della donna vittima. Non è così. C’è un film di Marco Ferreri del 1963 intitolato ‘Una storia moderna. L’ape regina’, parla di una donna che ha ridotto il marito a una specie di fuco. L’avevano capito pure i greci. Basta con l’idea del maschio fallocratico. Andiamo oltre”, ha affermato, esortando ugualmente le madri a smetterla di insegnare alle figlie “a sopportare”.

Il dibattito sull’educazione a scuola e lo scetticismo di Crepet

In questo contesto, dunque, per Crepet il tema dell’educazione all’affettività a scuola di per sé non è poi così centrale. Anche perché, si chiede rispondendo a una domanda di Maria Sorbi che firma l’intervista, “chi va poi a insegnare queste cose all’istituto di Gorgonzola?”. Quello che appare come scetticismo nei confronti della piega che ha preso in questi giorni il dibattito politico tout court, però, a leggerlo bene, è innanzitutto una sconfessione dell’approccio della sinistra. Perché se è vero che il governo, Giorgia Meloni in testa, sta ora spingendo l’acceleratore sulla sensibilizzazione anti-violenza nelle scuole e sulla “educazione alle relazioni”, è anche vero che fin dall’insediamento si è posto il problema del riconoscimento dei risultati e dei fallimenti, in termini didattici e comportamentali, dell’affermazione dell’impegno e dell’assunzione di responsabilità, della gratificazione e della sanzione.

Perché l’affettività da sola a scuola non basta

Un approccio che ha mandato fuori di testa la sinistra politica e culturale, che ha tentato di demolire il concetto di merito, che si è scagliata contro i voti, che ha praticamente urlato alla violazione dei diritti umani quando Valditara ebbe l’ardire di dire che, in fondo, anche qualche “umiliazione” può far bene a chi sbaglia in modo grave, compiendo per esempio violenze o atti di bullismo contro compagni e professori. Oggi quella stessa sinistra ci dice che per sconfiggere il patriarcato serve l’educazione all’affettività, continuando a dimenticare però che l’essere umano è fatto anche di sentimenti deteriori, che, come sottolinea Crepet, bisogna imparare a gestire da bambini, magari prendendo un 3 senza che una mamma influente dichiari urbi et orbi che quel voto è “offensivo” o affrontando le conseguenze di un 6 in condotta senza che qualche parlamentare denunci lo stato di polizia.

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