Il passato è il nostro futuro: rivivere i miti per ritrovare l’essenziale, contro il nichilismo
I Miti sono fondati su questioni essenziali, la morte, l’origine cosmica, il dopo esistenza, il Fato, i limiti della condizione umana, le metamorfosi: tentativi di comprensione quando ancora la scienza sperimentale ed i mezzi tecnologici non sussistevano come oggi. Ben diverso il mondo degli Eroi, o di personaggi umani sia pure in relazione con gli Dei. Come è noto gli antichi facevano presenti gli Dei sulla terra e con gli umani, addirittura da generare figli semidei. Gli Eroi, intesi come Personaggi, sono esemplari, i greci andavano all’essenziale, esplicavano i punti cruciali della vita. Il greco massimo suscitatore di Personaggi è di sicuro Omero, con l’Iliade e l’Odissea. Nei tempi futuri esisteranno creatori di personaggi da somigliare alla creatività della Terra(Gaia, Gea) per fecondità: Dante, Shakespeare, ed in Grecia Eschilo, Sofocle, Euripide, ma la solennità, la sacralità, l’opportunità senza accrescimenti, fronzoli è solo greca, quel che è appropriato, e la parola diventa realtà.
Iliade, guerra di Troia, dieci anni di assedio, i greci non riescono a vincere, eppure hanno combattenti supremi: innanzi a tutti Achille, il quasi immortale Achille. La madre, Teti, una Nereide, sapendo da profezie che Achille sarebbe morto in guerra, lo immerge in acque che lo immortalano, ma il tallone che la madre stringe viene coperto. Resta vulnerabile, sia pure, Achille è invincibile, atterra, terrorizza i troiani, nessuno lo supera. Egli nessuno teme, procede come fosse la Morte, uccide e continua ad uccidere. Quale uomo è invece schiavo di emozioni, ira, affetto, risentimento, orgoglio e supponenza. Si adonta che Agamennone, il re dei guerrieri avversi a Troia. Quando non combatte vi è danno massimo per i greci, ma viene ucciso il suo amico, forse amante, Patroclo. Ridiventa un’aquila leonina, la Furia, la tempesta erinnica, ricombatte a taglio di greci e cerca Ettore, il figlio del re Priamo.
Ettore, l’uccisore di Patroclo, l’uno da una parte a cercarlo, Ettore a sfuggirlo, ma Ettore non è vile, Achille potrebbe finire l’esistenza di Ettore, costui potrebbe rinchiudersi nelle mura di Troia. Mai, combatterà, l’onore dà il coraggio e getta nella scommessa anche la morte. Eccoli. Si vedono, si vagliano, si affrontano, asta, spada, colpi e sangue. Ettore ucciso e straziato, ucciso e svilito, un cappio al carro di Achille che lo tira via nel terriccio intorno a Troia: spettacolo per il popolo, orrendo, del loro oltragiatissimo difensore, finché il padre di Ettore, Re Priamo, implora Achille di consegnargli il consumato corpo di Ettore per onorarlo di sepoltura degna. La sepoltura è un obbligo purificatore nella civiltà greca, Achille, consente.
Ettore è il difensore della città e dell’amore domestico, è un altro aspetto dell’eroismo che viene consacrato per sempre. Ettore non è soltanto un virtuoso guerriero, è sposo, padre. Omero, o chi sia stato a forgiare l’Iliade, lo manifesta mentre saluta, ed è un addio o potrebbe esserlo: Andromaca ed Astianatte, infante, che ha terrore a vedere il cimiero e l’armatura nel padre. E’ uno dei “quadri” familiari più riusciti della narrativa poetica. Resta imperitura questa felicità familiare al contrasto dello scempio che si scatena sull’ucciso Ettore. Andromaca resta anche lei memorabile, quale sposa e madre, poi sarà dilaniata nella disfatta troiana, e pure Astianatte.
Ma non si salverà lo stesso Achille, una freccia lo penetrerà nel calcagno, e con la freccia la morte. Fu Paride ad ucciderlo, il seduttore di Elena, la bella, troppo bella. Elena, sconfitta Troia, torna a Menelao. Elena, sorella di Clitemnestra, consorte di Agamennone, il re del re, regale per eccellenza, prepotente. Agamennone comanda la spedizione di guerra per riafferrare Elena, Egli è fratello di Menelao. Ma quando Agamennone torna vincitore, recando una donna asservita, la consorte Clitemnestra lo attende con un proprio amante, Ella ha inoltre un motivo rancoroso avverso Agamennone: costui pur di ottenere il vento e navigare a combattere Troia osò immolare Ifigenia, nata da lui e da Clitemnestra. E la vendetta si compie: anche se Ifigenia è salvata dagli dei, Agamennone è scannato, inevitabile, la ruota gira con i delitti. Pure Egisto e Clitemnestra sono uccisi, dai figli di Clitemnestra. Personaggi, personaggi estremi, il singolo, l’individuo fa esemplarità di un aspetto umano, sono singoli universali: dovremo attendere secoli, millenni per creatori di singoli universali, Dante, Shakespeare, Cervantes.
Ci viene incontro un uomo grande, colossale, e però come demente, è Aiace Telamonio. Questo infelice, grida, piange, si dispera, certo, ne ha le ragioni, a Lui spettavano le armi di Achille: era l’eroe massimo dei greci, ed invece lo scaltro, inventivo Ulisse le ha ottenute, ghermite, e non le meritava quale eroe. Così va il mondo, ed Aiace piange, si lamenta, impazzisce, perisce. Ulisse lo scaltro ha una sposa fedelissima, Penelope, un figlio affettuosissimo, Telemaco, un padre che lo attende, perfino il cane muore soltanto dopo averlo rivisto. Ulisse, un altro “individuo universale”. Di Personaggi ne potremmo disseminare quante spighe di grano in estate: estremi, compendio nell’individualità di una vitalità in bollore senza argine al calore. La vita, per un greco, o la si vive o si muore vivendo, ma vivere valeva dire eccedere. Apollo sereno conteneva Dioniso, l’esagitato esistenziale.
La mediocrità era il nichilismo. La moderazione sorgeva dall’empito delle passioni, deve moderarsi chi brucia. Nei greci vi era il “dentro”, l’uomo valeva per il suo contenuto di umanità, e l’umanità era bene e male oltrepassati pur di vivere o per vivere: una mescolanza inscindibile. I greci furono onde, plaghe, foreste, sabbie aride, sempre umani, dentro l’umanità con dentro l’umanità. Per ritrovare la vita bisogna rivivere i greci. Il “dentro” dell’uomo.