Quel che resta dopo i femminicidi: i numeri dei bambini “orfani due volte” e delle famiglie che li accolgono

20 Nov 2023 13:46 - di Natalia Delfino
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In gergo vengono definiti “orfani speciali”: sono gli orfani delle vittime di femminicidio. Bambini doppiamente orfani, perché la perdita della madre per mano del padre significa che anche l’altro genitore non ha più contatti con loro. “I più fragili fra i fragili”, li ha definiti il viceministro al Lavoro e Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, intervenendo alla conferenza stampa in cui “Con i bambini”, l’impresa sociale che ha lo scopo di attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, ha presentato i dati sugli orfani dei femminicidi presi in carico dai progetti che sovraintende. “La tragedia dei femminicidi purtroppo non finisce”, ha sottolineato il presidente di “Con i bambini” Marco Rossi-Doria, sottolineando che “centinaia di bambini e ragazzi vivono una situazione difficile, fortemente traumatica: la mamma viene uccisa spesso davanti ai loro occhi dal padre, che finirà i suoi giorni in prigione o si suiciderà come spesso accade. I bambini sono orfani due volte, perdono madre e padre in un solo momento anche perché chi resta in carcere difficilmente vede i propri figli”.

Un faro sui bambini orfani dei femminicidi

Sul numero di bambini orfani dei femminicidi in Italia mancano stime ufficiali. I dati presentati da “Con i Bambini”, in relazione al progetto “A braccia aperte”, che è la prima iniziativa di sistema in loro favore e a supporto delle famiglie affidatarie, restituiscono uno spaccato importante di questa realtà drammatica e ancora troppo poco attenzionata. I progetti finanziati fin qui sono stati quattro, per un totale di 157 bambini. Altri 260 hanno fatto il proprio ingresso in progetti simili e a breve, fa sapere l’organizzazione, inizieranno anch’essi un percorso di sostegno e accompagnamento con le loro famiglie. Alla conferenza stampa, tenuta da remoto e promossa in occasione della Giornata internazionale dell’Infanzia, hanno partecipato, oltre a Rossi-Doria e Belluci, la quale è anche vicepresidente del Comitato di indirizzo strategico di “Con i Bambini”, anche la portavoce del Forum del Terzo Settore, Vanessa Pallucchi, e Giorgio Righetti, il direttore di Acri, l’associazione di Fondazioni e casse di risparmio, che insieme al governo ha firmato il protocollo d’intesa da cui è nato il Fondo contro la povertà educativa.

L’analisi statistica per comprendere meglio una realtà ancora troppo poco attenzionata

La percentuale più alta di orfani accompagnati riguarda il Sud, i dati aggiornati a ottobre sono di 100 orfani presi in carico grazie al progetto Respiro. Ma il dato è fortemente in crescita. Per il 74% dei beneficiari l’età di ingresso nel progetto è tra i 7-17 anni, per il 17% l’età è compresa tra 18-21 anni e per il rimanente 8% l’età è inferiore a 6 anni. Di questi, il 56% sono di sesso maschile e il 43% femminile (1% non specificato). Il 95% dei beneficiari presi in carico ha cittadinanza italiana, solo il 5% ha cittadinanza di altri Paesi Ue o extra-Ue. Nel 36% dei casi i bambini erano presenti al momento dell’evento. Questo elemento ha conseguenze che condizioneranno ancor più pesantemente per gran parte della vita. Le conseguenze psicologiche creano una vera e propria sindrome denominata child traumatic grief. Il bambino, sopraffatto dalla sofferenza e dalla reazione al trauma, diviene incapace di elaborare il lutto, trovandosi intrappolato in uno stato di dolore cronico. In altri casi, invece, al momento dell’ingresso nel progetto i bambini non erano consapevoli di ciò che era avvenuto o lo erano solo in parte.

L’identikit dei “più fragili tra i fragili” e delle famiglie che li accolgono

Il 13% degli orfani presenta forme di disabilità precedenti al trauma. Tra le più comuni vi sono disabilità intellettive e relazionali e un ulteriore 8% presenta Bisogni educativi speciali (Bes), disturbi evolutivi specifici o disturbi psichici. Il 42% oggi vive in famiglia affidataria, il 10% vive in comunità e il 10% con una coppia convivente. Solo il 5% è stato dato in adozione e vive con una famiglia adottiva. L’83% delle famiglie dei beneficiari, costituite per lo più da parenti di prossimità come nonni o zii, arriva a fine mese con grande difficoltà, spesso per la necessità di circondarsi di professionisti e specialisti che possano supportarli con i bambini, come emerso dalle interviste a chi si prende cura del minore. Ciò nonostante, gli spazi in cui la famiglia vive risultano essere adeguati ai bisogni nella gran parte dei casi. I nuclei familiari includono in media tra i 3 e i 5 componenti, compresi i bambini.

L’impatto anche economico che devono sostenere i caregiver

La condizione socio-economica degli orfani e delle famiglie affidatarie è un altro elemento discriminante per la crescita di bambini e ragazzi che hanno subito un trauma così forte. Il 52% riceve misure di sostegno al reddito: il 6% reddito di cittadinanza, il 45% altre misure. L’impossibilità ad accedere agli strumenti a loro tutela, o avere le stesse opportunità degli altri ragazzi, sottolinea “Con i bambini”, non fa altro che acuire ancora di più il discrimine che sono costretti a subire anche per il loro futuro. Il 15% dichiara di avere un reddito annuale inferiore a 12mila euro, l’8% superiore, mentre per il 77% l’informazione non è nota.

Gli elementi di vulnerabilità nei nuclei di origine: dipendenze e precedenti penali

Gran parte dei nuclei familiari in cui si sono verificati i femminicidi, ovvero il 65%, non era in carico ai servizi sociali prima dell’evento, nonostante la presenza di elementi di vulnerabilità. Fatta eccezione per 25 casi, cioè il 35% dei beneficiari, in cui il nucleo familiare di origine non presentava elementi di vulnerabilità, in tutti gli altri casi, si riscontrano elementi di vulnerabilità che rendono ancora più complessa la gestione delle dinamiche familiari. Tra questi i più comuni sono la presenza di familiari con dipendenze da sostanze o altro, e di familiari con provvedimenti giudiziari prevalentemente di natura penale. Allarmanti sono i dati relativi ad ulteriori elementi che possono rappresentare eventuali traumi o eventi stressanti antecedenti al crimine domestico. Questi includono soprattutto la violenza assistita: fisica, psicologica, sessuale, indicando che numerosi sono i fattori e i campanelli di allarme che è urgente riuscire a cogliere come predittivi della violenza. In particolare, la violenza assistita psicologica è stata segnalata in 50 casi su 70.

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