Rossi smonta le fake news sulla Rai: “Con Sergio un’amicizia storica. Ereditati 650 milioni di debito”
«Io e Roberto Sergio ci conosciamo da tantissimi anni. Faccio presente che l’ad della Rai è nominato dal Mef e il direttore generale è nominato dall’ad, quindi io sono stato nominato da Sergio. A lui mi lega un’amicizia personale e una straordinaria collaborazione»: in poche parole il dg Rai Giampaolo Rossi smonta le fake news che lo vorrebbero in competizione con l’amministratore delegato Sergio, anche in ordine all’avvicendamento di ruolo che spetterebbe a Rossi al termine del mandato dell’ad, previsto per il prossimo luglio.
Rossi: “Io e Sergio siamo entrati in carica solo a giugno”
A margine del suo intervento al convegno annuale della Fondazione Iniziativa Europa Rossi ha dato la sua versione sui primi mesi da dg a viale Mazzini. «Che alcuni programmi hanno difficoltà è un dato di fatto ma l’analisi complessiva sugli ascolti della Rai e di Mediaset deve tenere conto di un cambiamento del modello televisivo» ha precisato Rossi, sottolineando che lui e l’ad Sergio hanno preso in mano l’azienda a “giugno-luglio”, «siamo entrati in carica operativamente a giugno, in una Rai che stava accumulando una serie di ritardi, a partire dal fatto che non erano pronti neppure i palinsesti che sarebbero dovuti partire a settembre».
Rossi sugli ascolti Rai: “Ormai molti telespettatori guardano solo la tv on demand”
«Con un grande sforzo produttivo e organizzativo – ha proseguito Rossi – l’azienda è riuscita a mettere in piedi i palinsesti, che sono palinsesti che modificano alcuni aspetti editoriali, con programmi nuovi perché ci sono state diverse uscite dalla programmazione Rai e perché sono state fatte dai direttori scelte di cambiare alcune linee editoriali e di programmazione». E I programmi nuovi, in una tv lineare che si basa «sull’abitudine», «hanno bisogno di tempo per poter maturare». «Alcuni successi storici della Rai hanno richiesto anni per affermarsi e diventare programmi cult». Nelle scorse settimane i giornali hanno scritto nello stesso momento sia di un calo di Rai che di Mediaset, ha sottolineato Rossi. Questo doveva indurre ad una analisi su “dove sta andando il modello televisivo” e invece il dibattito “si focalizza sulla polemica di tipo politico”.
Rossi ha evidenziato i diversi fattori che hanno contribuito alla «crisi della tv generalista»: lo «spostamento dell’utenza» sulle piattaforme (che porta ad una diminuzione della platea generalista complessiva), la «parcellizzazione dell’offerta» (che porta ad una parcellizzazione degli ascolti), la fine del duopolio (con la crescita di competitor come La7 e Discovery Warner), l’investimento della piattaforme Ott non più solo nel cinema e nelle fiction ma “anche in programmi di intrattenimento o culturali”. Rossi ha citato il ‘caso’ di ‘Mare Fuori’ che ha fatto grandi ascolti su Rai2 ma molto di più (“7 milioni di visualizzazioni”) su RaiPlay. Oggi, ha concluso, “il 65-70% degli under 40 guarda la tv solo on demand”. Se si ignorano questi cambiamenti dello scenario, il dibattito sugli ascolti diventa, ha ribadito, «surreale».