Violenza sulle donne, Ricolfi: “Le cause non sono nel patriarcato, ma nella cultura dei diritti”
In un editoriale dal titolo “Le difficoltà del maschio ad accettare la sconfitta”, Luca Ricolfi fornisce oggi sul Messaggero uno spunto di riflessione per il dibattito sulla violenza contro le donne, invitando a tenere conto delle “evidenze empiriche” nella ricerca delle cause. Ed è sulla base di queste evidenze che formula la sua “ipotesi”: le radici della violenza contro le donne non vanno cercate nel patriarcato, ma nella “cultura dei diritti”. Il ragionamento di Ricolfi parte dal cosiddetto “paradosso nordico”, ovvero il fatto che “i tassi di violenza sulle donne più alti si riscontrano nei Paesi considerati più civili, o addirittura in quelli più avanzati in materia di parità di genere”. “Non tutti lo sanno, ma nei civilissimi Paesi scandinavi, in Germania, in Francia, nel Regno Unito, le donne rischiano la vita più che in Italia. In Europa solo Irlanda e Lussemburgo hanno tassi di uccisione delle donne minori che in Italia. E se allarghiamo lo sguardo alle società avanzate non europee, solo in Giappone le cose vanno meglio che in Italia: Paesi come Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Israele, Corea del Sud hanno tutti tassi di uccisione maggiori di quelli italiani”, chiarisce il sociologo, ponendo la domanda “come mai?”.
Il “paradosso nordico” e le “evidenze” ignorate
Seguono le varie ipotesi che sono state formulate per fornire una risposta, come il maggiore consumo di alcol o la maggiore presenza di immigrati o di stranieri di fede islamica. Ma, rileva Ricolfi, si tratta di ipotesi che “mal si conciliano coi dati”, così come mal si concilia anche l’ipotesi della sopravvivenza del patriarcato, “come si sente affermare ogni volta che una donna viene uccisa da un partner possessivo”. “Qualcuno può plausibilmente sostenere che gli Stati scandinavi siano società patriarcali? O che lo sia il Regno Unito? O il civilissimo e ultra-avanzato Canada?”, chiede ancora il presidente della Fondazione Hume, sottolineando che è “il caso stesso dell’Italia a mettere in dubbio la teoria del patriarcato”: “Diversi dati, dagli stupri ai femminicidi – spiega – suggeriscono che la violenza sulle donne sia maggiore nel Centro-nord che nel Sud. Se ne deve dedurre che il patriarcato è in via di estinzione nelle regioni del Mezzogiorno, mentre prospera in quelle centro-settentrionali?”.
Ricolfi: “La cultura dei diritti è meravigliosa, ma ha effetti collaterali perversi”
“Quando si è affezionati a una teoria, si trova sempre un modo di salvarla, anche contro le evidenze empiriche. Il caso della teoria del patriarcato non sfugge alla regola”, prosegue Ricolfi, per il quale “una delle radici della violenza sulle donne nelle realtà più avanzate potrebbe essere proprio il loro essere avanzate”, vale a dire quella “cultura dei diritti” sulla quale si fondano che è, sì, “una cosa meravigliosa”, ma “ha anche effetti collaterali perversi”. Fra questi il sociologo elenca come esempi l’educazione permissiva, i genitori iper-protettivi, la colpevolizzazione degli insegnanti per gli insuccessi dei ragazzi. Succede così che “una parte di questi ultimi si convince di avere un fascio di diritti fondamentali, o quasi naturali: successo formativo, abitazione, consumi, status, divertimento, sesso”. “Naturalmente succedeva anche prima che si desiderassero tutte queste cose. Ma non erano considerate diritti, bensì conquiste possibili, spesso costose in termini di sforzi, e sempre esposte al rischio di fallimento”, chiarisce ancora Ricolfi, sottolineando un aspetto per altro già ampiamente emerso nel dibattito, specie sul fronte del contributo offerto da psichiatri come Paolo Crepet: il fatto che nelle società avanzate i giovani “non sono preparati all’eventualità” di poter fallire.
L’idea che tutto sia un diritto e l’incapacità dei maschi di fare i conti con il fallimento
Le relazioni sentimentali per Ricolfi diventano così “il momento più critico” perché sono “la prima sfida in cui i genitori per quanto ricchi, potenti, dotati di conoscenze non possono intervenire, né supplire alle inadeguatezze di un figlio”. “Per diversi ragazzi, quello di essere rifiutati dalla donna che desiderano può essere il primo vero trauma della loro vita, proprio perché è il primo scacco in cui la rete di protezione familiare è fuori gioco”, commenta ancora Ricolfi, ricordando che in una società iper protettiva come quella americana, in cui questa tendenza assume anche “tratti grotteschi e dimensioni patologiche”, una donna rischi di essere uccisa sette volte più che in Italia e che negli ultimi anni sono aumentati sia il numero di donne uccise sia quello di minori denunciati per reati violenti, omicidi e stupri compresi. “La mia – è la conclusione dell’editoriale di Ricolfi sul Messaggero – è solo un’ipotesi, naturalmente, ma non mi sento di escludere che, sotto questi repentini cambiamenti, non vi sia solo un deficit di consapevolezza dei diritti e del valore delle donne (un guaio cui la scuola può tentare di porre rimedio), ma una degenerazione della cultura dei diritti, che ha reso tanti maschi del tutto incapaci di fare i conti con il rischio di fallire”.