Il papà di Giulia: “Impareremo a danzare sotto la pioggia. Eri una combattente, ciao amore mio”
“Non sono bravo con le parole. Ma ci proverò”. Lo aveva detto ai cronisti il papà di Giulia Cecchettin, Gino, che avrebbe parlato invitando tutti a fare rumore per non dimenticare. È così è stato. Al termine dei funerali della figlia (amore mio), prima dell’uscita del feretro bianco dalla Basilica di Santa Giustina a Padova, ha rivolto ai presenti un appello perché da questa pioggia di dolore possa “partire una rivoluzione culturale”, perché “da questa morte terribile possa germogliare la speranza”.
Il papà di Giulia: abbiamo vissuto una tempesta terribile
“Abbiamo vissuto una tempesta terribile – le prime parole rotte dalla commozione – questa pioggia di dolore non vuole fermarsi. Rivolgo un ringraziamento per il sostegno che avete dato alla mia famiglia, di cui avevamo bisogno. La mia riconoscenza va alle forze dell’ordine, alle istituzione che ci hanno aiutato, a tutti i presenti”.
“Giulia era allegra, vivace. Ma anche una guerriera”
“Mia figlia Giulia – aggiunto – era proprio come l’avete conosciuta. Allegra e vivace, assetata di vita. Ma anche una combattente. Oltre alla laurea, che riceveremo da qui a qualche giorno, si è guadagnata l’onore di titolo di mamma”. Poi l’appello agli uomini, ai quali papà Gino si è rivolto subito. “Il femminicidio è il risultato di una cultura che svaluta la dignità delle donne. Mi rivolgo per primi agli uomini, perché siano attori del cambiamento”. Poi ha spostato lo sguardo sui ragazzi, la scuola, le istituzioni, facendo un passaggio sui social network che sviliscono i rapporti umani.
Ci sono tante responsabilità a partire dalla scuola
La famiglia, attraverso le parole del papà di Giulia, ha confermato l’atteggiamento dimostrato fin da subito, da quel sabato maledetto del ritrovamento del corpo della studentessa prossima alla laurea in Ingegneria biomedica, uccisa per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta. Denuncia pubblica, compostezza, niente odio. “Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione”.
Insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio
“A chi è genitore come me, parlo con il cuore. Insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte”. E ancora: “Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno. Perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, a una sessualità libera da ogni possesso. E all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale”.
Impariamo a guardare negli occhi gli altri
Quindi la denuncia della disumanizzazione provocata dalla tecnologia. “È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente. A guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica – ha detto il papa di Giulia – può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto”.
Dalla famiglia inizia la prevenzione della violenza
Anche un diretto appello alle istituzioni scolastiche, nel lungo messaggio dal forte impatto emotivo ma anche dai risvolti ‘politici’. “Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco. Per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza”. Poi la famiglia. È lì che inizia la prevenzione della violenza e continua nelle aule scolastiche. “Ora Giulia è il momento di lasciarti via”, ha concluso leggendo un passo di Kakil Gibran sull’amore per “imparare a danzare sotto la pioggia”. E “dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere”.
La poesia di Gilbran per imparare come si deve vivere
“Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà .Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto. Ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia…”. Poi il congedo struggente “Addio, amore mio”.