La famiglia come accesso alla storia. In un libro di Del Ninno il Novecento attraverso le foto dei nonni in guerra
Si parla spesso, e il più delle volte a sproposito, di famiglia e di famiglie nella retorica sociologizzante dei nostri giorni, perdendo però di vista la natura profonda di questa dimensione dell’essere. A ricadervi, in un modo o nell’altro, sono sia i fautori che i detrattori della permanenza di questo istituto sociale, il più antico e originario secondo Giambattista Vico. Il tutto sorge con l’equivoca idea recente di famiglia come nucleo affettivo mononucleare, tre o quattro persone, pensato – per dirla con Christopher Lasch – come una sorte di “rifugio in un mondo senza cuore”. Quello che sfugge, in questa accezione, è il significato autentico del termine, espressione diretta dell’idea e della prassi di quella “genealogia” corale e intergenerazionale che riflette l’ordine naturale della vita nel corso dei secoli e che ci fa sentire all’interno di una dimensione corale e intergenerazionale in cui non si è mai soli. Una sensazione che è invece possibile cogliere nel migliore dei modi in La guerra addosso. Grandi guerre e piccole storie familiari (Oaks Editrice pp. 151, euro 18,00), un bel libro di Giuseppe Del Ninno, scrittore e critico cinematografico. Definito dall’autore un saggio di “docu-narrativa”, è in realtà un testo narrativo che affiora dai ricordi familiari e dalle testimonianze dirette dei parenti di Del Ninno, oltre che da una serie di foto sbiadite e documenti sgualciti tirati fuori da cassetti e scatole chiuse da anni.
La famiglia che si intreccia con la grande storia
Esplicita l’epigrafe iniziale: «Dedico questo libro – puntualizza l’autore – a due alberi genealogici: quello mio e quello di mia moglie. Nella tempesta e nella quiete, come gli alberi siano le nostre radici, il nostro tronco, i nostri rami, le foglie che cadono e quelle che spunteranno». L’idea e la prassi di famiglia di cui il saggio costituisce un omaggio è proprio questa precisa percezione genealogica in cui si intrecciano più nuclei e in cui i padri, le madri, i nonni e le nonne, gli zii e i cugini costituiscono nel loro intrecciarsi l’incontro tra la storia generale e le vicende personali di qualsiasi individuo. Del Ninno riesce a rappresentarne al meglio il senso mettendo la sua famiglia, incluso come è naturale il ramo genealogico di sua moglie, a contatto con la guerra: «Noi non abbiamo “fatto” la guerra, mentre nonni, padri e zii sì». Non ci si occupa oltretutto di famiglie con tradizioni militari, ma di persone che hanno risposto alle chiamate della Patria e del Destino, compiendo il proprio dovere in silenzio, senza fanfare e senza retorica.
L’uniforme del nonno al museo del Risorgimento
Le pagine di La guerra addosso ripercorrono – con veri e propri racconti, deliziosi gioiellini narrativi – imprese e accadimenti fuori del comune di persone comuni: padri di famiglia e giovani di famiglie italiane del Novecento, attraverso «uno spaccato sufficientemente ampio e diversificato della società italiana della prima metà del Novecento». E si va dalle radici meridionali del ramo diretto dell’autore (Napoli, l’isola di Ischia e l’Irpinia dei nonni paterni) a quelle settentrionali e poi romane della famiglia di sua moglie (radici nel Tirolo asburgico, nonni di Savona e della provincia di Alessandria). Si parte da Lorenz Auer, chiamato al fronte della Grande Guerra dopo l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando, di cui tre figlie sposeranno poi un italiano, che quando nel 1966 morì volle la sua bara avvolta nella bandiera del Tirolo, per proseguire con Francesco Manlio Conte, sottotenente di fanteria a Trento e nonno materno di Giuseppe, la cui uniforme sta oggi al Museo del Risorgimento, fino al nonno paterno, Peppino, carabiniere nel 15-18. Un esordio che rompe da subito qualsiasi schema unilineare o ideologico, del tipo il bene da una parte, il male dall’altra. La Storia, così come ogni famiglia, sintetizza e ricompone la complessità delle stesse fratture e ferite causate dalle vicende belliche.
Le vicende della Seconda guerra mondiale
Si leggono tutte d’un fiato anche le pagine sulla seconda guerra mondiale, il grande sconvolgimento epocale che ha visto i parenti di Del Ninno coinvolti su più fronti: dai feriti per i bombardamenti anglo-americani a chi è stato militare da una parte o l’altra. Il tutto a partire da cimeli e fotografie riemerse nella memoria: «Il pugnale da avanguardista e alcune foto di mio padre Ormisda – sottolinea l’autore – in tenuta da Allievo Ufficiale della Milizia Universitaria; una sciabola e alcune medaglie dell’esercito jugoslavo, “bottino di guerra” di Silvio, fratello maggiore di mio padre; un paio di occhialoni da carrista yankee finita chissà come in una cassettina trovata in casa dei miei nonni paterni; una foto di gruppo del ramo materno della mia famiglia, dove appaiono in uniforme i miei zii Guido e Gianni, rispettivamente fratello maggiore e cognato di mia madre… e potrei continuare con foto e oggetti della famiglia di mia moglie, del padre Giuliano, comandante partigiano».
La nostalgia come senso di appartenenza
Non manca neanche una foto del cimitero militare statunitense di Arlington, con la lapide sulla tomba di Nicholas Del Ninno, cugino del padre di Giuseppe e ufficiale dei Marines… Su tutto, vale questo commento dell’autore: «Periodi storici difficili e malfamati, lunghi momenti di difficoltà materiali e perfino la tragica esperienza della guerra non sono incompatibili con i buoni sentimenti, con la serenità di esistenze quotidiane governate dagli affetti familiari e perfino con la nostalgia». Nostalgia, ovviamente, soprattutto del senso di appartenere a una storia familiare complessa, intrecciata e anche contraddittoria ma in grado di fornire un orientamento esistenziale a ognuno di noi.