L’intervista. Eugenia Roccella: ma quale destra maschilista, la difesa della donna la stiamo facendo noi…
Il gender non è uno spauracchio agitato dalle destre tanto per fare slogan. Si tratta di un modo di approcciare il corpo sessuato prescindendo dal dato biologico. E’ un pensiero da non sottovalutare ed era ovvio che, di sfuggita, il tema entrasse nel panel sulla famiglia della seconda giornata di Atreju. Dove il ministro Eugenia Roccella si è confrontata con Paola Concia, Ivan Scalfarotto e Francesco Borgonovo. Nel corso del dibattito rispondendo a una battuta di Borgonovo – “io sono contento che la Meloni sia donna ma di più sono contento del fatto che è di destra” – Roccella ha detto: “Io sono contenta per tutte e due le cose. Dobbiamo domandarci come mai Giorgia Meloni, una donna di destra, è arrivata dove è arrivata. E c’è arrivata proprio perché è di destra“.
In che senso una donna di destra è più avvantaggiata di una di sinistra nella politica odierna?
Perché la destra ha più a cuore, oggi, la questione della libertà. E quindi anche della libertà femminile. Per questo ho detto che non è casuale che proprio Giorgia Meloni sia diventata la prima donna premier in Italia.
Quindi oggi è la destra, accusata di essere reazionaria e maschilista, che difende le donne e le valorizza secondo lei?
Sicuramente. Ci sono Paesi come l’Iran e l’Afghanistan dove le donne devono lottare per vedere accettato il corpo femminile e altri, in Occidente, dove puoi essere donna a prescindere da corpo. Martina Navratilova ha fatto notare che gli sport femminili non sono sport per atleti maschi che hanno fallito negli sport maschili. Culturalmente la destra, nel suo opporsi alla moda di parlare della donna come “persona con le mestruazioni” o “persona con l’utero”, difende di certo la donna più di quanto non facciano i movimenti neofemministi.
Cosa ha pensato della grande mobilitazione che c’è stata per Giulia Cecchettin? Una manifestazione a Roma con tantissime donne, donne diverse e distanti dall’ideologia di “Non una di meno”…
Quella grande mobilitazione è stata una occasione perduta dinanzi al fatto che sta sicuramento salendo dal basso una ribellione contro questa catena di uccisioni di donne. Poteva essere l’occasione per un ritorno delle donne in piazza unite contro la violenza, invece è stata una manifestazione egemonizzata da una parte con l’inserimento del tema del conflitto a Gaza. Invece le femministe francesi hanno chiesto che ciò che è accaduto alle donne israeliane il 7 ottobre venga riconosciuto come femminicidio di massa. Io stessa il 25 novembre ho inviato una lettera a tutte le più importanti organizzazioni femminili per chiedere che non vengano dimenticati gli orrori commessi contro le donne israeliane il 7 ottobre.
E’ stato detto che il governo è stato distante sul caso Cecchettin, che ai funerali era assente Meloni e che la presenza del governo non era palpabile…
Noi abbiamo evitato ogni tipo di strumentalizzazione. Il governo era presente con il ministro Nordio al funerale di Giulia. Non si può dire che era una presenza non palpabile il ministro della Giustizia. Se si fa questo, appunto, si strumentalizza, mentre ci sarebbe bisogno dinanzi a fenomeni come la violenza contro le donne, di unità di intenti e di accantonare la voglia di fare polemica.
Un’altra polemica che riguarda le donne è sorta per l’interrogatorio di un’avvocato donna alla presunta vittima dello stupro di gruppo per il quale è il corso il processo al figlio di Grillo e ai suoi amici. Una domanda richiamava addirittura quella del “processo per stupro” mandato in Rai nel 1975…
Non voglio entrare nel merito di un procedimento giudiziario. Mi limito a dire questo: bisogna tenere conto del fatto che denunciare uno stupro è una scelta molto difficile e certe domande lo confermano. Denunciare uno stupro significa veramente esporsi alla vittimizzazione secondaria e tutti dovrebbero tenerne conto, sia gli avvocati sia i magistrati.