Meraviglia Pompei: dagli scavi spunta un panificio-prigione che conferma un racconto di Apuleio e le parole di San Paolo
Pompei, dagli scavi emerge l’ultima incredibile traccia di un passato remoto che si riaffaccia nel presente in tutto il suo potenziale di meraviglia e importanza storica: un panificio-prigione dove persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi a macinare il grano necessario a produrre il pane. Il sito archeologico tra i più famosi e amati del mondo, si conferma una fucina di rivelazioni e sorprese. Un forziere di inestimabile valore, bagaglio di preziose testimonianze del passato che, nel caso di quest’ultima scoperta, trova le sue fonti – e le conferma archeologica e letteraria – in un celebre racconto di Apuleio. Stupore e soddisfazione immensa nelle parole del ministro Sangiuliano: «La scoperta di un panificio-prigione a Pompei è un’ulteriore conferma del valore inestimabile dell’intero sito archeologico».
Pompei, scoperto un panificio-prigione. Sangiuliano: orgogliosi di un immenso patrimonio culturale
E ancora. «Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra Nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia», ha commentato il ministro in una nota. Aggiungendo in calce: «A ottobre, ho illustrato alla Commissaria Ue Elisa Ferreira gli straordinari risultati conseguiti dal programma di interventi del Grande Progetto Pompei. Di recente abbiamo assicurato nuovi finanziamenti a Pompei affinché le ricerche e la valorizzazione possano continuare. L’Italia tutta deve essere orgogliosa dei continui successi di Pompei, che si conferma fra i luoghi più visitati e rappresentativi del nostro immenso patrimonio culturale», ha concluso Sangiuliano.
Pompei, fucina di meraviglia: cosa ci racconta il panificio-prigione
Una struttura, quella del panificio-prigione, che rivela quanto il luogo fosse racchiuso in un ambiente angusto e senza affaccio esterno. Con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce. E nel pavimento, spuntano intagli per coordinare il movimento degli animali, fatti girare per ore con occhi bendati. Il ritrovamento sembra confermare il celebre racconto di Apuleio dal titolo L’asino d’oro contenuto nelle Metamorfosi.
L’annuncio oggi dal direttore del Parco Archeologico di Pompei
L’impianto, come spiega l’Adnkronos in un esaustivo servizio sull’incredibile scoperta, è emerso nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi nell’ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l’area ancora non indagata della città antica di Pompei. L’annuncio è stato dato oggi dal direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.
Un ultimo ritrovamento che rientra nei lavori che hanno restituito una casa in corso di ristrutturazione
Quest’ultimo rinvenimento rientra nelle indagini archeologiche che hanno restituito una casa in corso di ristrutturazione. Un’abitazione suddivisa – come spesso si è riscontrato – in un settore residenziale decorato con raffinati affreschi di IV stile. E un quartiere produttivo destinato in questo caso alla panificazione. Come molti appassionati ricorderanno, in uno degli ambienti del panificio, erano già emerse nei mesi scorsi tre vittime. Una conferma che, nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora fosse tutt’altro che disabitata…
Pompei, la scoperta del panificio-prigione che conferma un racconto delle “Metamorfosi” di Apuleio
La scoperta, spiega l’Adnkronos fornendo dettagli sullo stato dell’opera e sui lavori che ne hanno consentito il rinvenimento e la sua ricostruzione storica, restituisce una “fotografia/testimonianza” del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, del cui racconto abbiamo la fortuna di poter disporre di una fonte d’eccezione: quella che ha garantito ai posteri lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che nelle Metamorfosi IX 11-13, racconta l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino. E poi venduto a un mugnaio, evidentemente sulla base di una conoscenza diretta di contesti simili.
La struttura dell’impianto destinato agli schiavi: niente porte sull’esterno e poca luce
Le nuove scoperte rendono possibile descrivere meglio anche il funzionamento pratico dell’impianto produttivo che, seppure in disuso al momento dell’eruzione, ci restituisce una conferma puntuale del quadro sconcertante dipinto da Apuleio. Il settore produttivo messo in luce è privo di porte e comunicazioni con l’esterno. L’unica uscita dà sull’atrio. Nemmeno la stalla possiede un accesso stradale, come frequente in altri casi. «Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile, di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento – fa notare Gabriel Zuchtriegel, in un articolo scientifico a più mani pubblicato oggi sull’E-Journal degli scavi di Pompei –».
Poche finestre con grate di ferro
«È il lato più sconvolgente della schiavitù antica – sottolinea in un altro passaggio il direttore del Parco Archeologico di Pompei –. Quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza. Impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro» limitate a far filtrare un minino di luce necessaria.
Nel pavimento intagli per coordinare il movimento di asini e operai schiavizzati
E ancora. La zona delle macine, ubicate nella parte meridionale dell’ambiente centrale, è adiacente alla stalla: caratterizzata dalla presenza di una lunga mangiatoia. Attorno alle macine si individua una serie di incavi semicircolari nelle lastre di basalto vulcanico. Data la forte resistenza del materiale, è verosimile che quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle “impronte” siano in realtà intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione. E, contemporaneamente, poter tracciare un percorso, formando in tal modo un «solco circolare» (curva canalis) come lo descrive, appunto, anche Apuleio.
Al lavoro nel panificio-prigione di Pompei coppie composte da “schiavo e asino”
«Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura. Aggiungere del grano. E prelevare la farina», spiega sempre il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.