Verso le europee: primo autogol del Pd che difende a spada tratta Ferragni. Conte sgomita per prendersi la scena

19 Dic 2023 9:56 - di Annalisa Terranova
europee Pd Conte

Verso le europee, il Pd fa un pasticcio dietro l’altro e Conte sgomita senza riuscire a prendersi la scena. Alessandro Giuli, ospite di Ottoemezzo (eccezionalmente condotto da Giovanni Floris) nella puntata di lunedì sera lo ha sottolineato: “Il dato politico è il duello tra due donne, Meloni e Schlein, con i politici maschi che rincorrono con un certo affanno“. Quello che appare in affanno più di tutti è sicuramente Giuseppe Conte, che ha tentato di prendersi la scena, dopo Atreju, con la faccenda del giurì d’onore per quanto detto dalla premier in aula sul Mes. Che cautele e dubbi aleggino sui leader dell’opposizione lo si comprende anche dalla titubanza rispetto alle candidature. Mentre dà sicuramente da pensare il fatto che Elly Schlein, che avrebbe dovuto rappresentare la svolta innovativa nel corpaccione letargico del Partito democratico, debba farsi investire nel ruolo di federatrice del centrosinistra da un signore di 84 anni, Romano Prodi. 

Il Pd appare vecchio e logoro, con Prodi come improbabile frontman

Dunque il Pd non riesce a togliersi di dosso, nonostante il ricorso all’armocromia, l’impressione di essere vecchio, stantìo, logoro. Né lo zelo di tanti commentatori che hanno messo nel mirino il discorso di Giorgia Meloni ad Atreju può riuscire a risollevarne le sorti nell’immaginario pubblico. Là dove alberga, rispetto al Pd, una sintesi politica che è molto semplice: avete già dato, basta.  Anche il contro-Atreju, voluto dai dem ai Tiburtina Studios, stride con la vera festa di popolo che il raduno di FdI ha rappresentato. A Castel Sant’Angelo c’era un partito di massa, con il Pd c’era la nomenclatura: Paolo Gentiloni, Giuseppe Provenzano, Rosy Bindi, Pina Picierno, Brando Benifei, Enrico Letta, Mariana Mazzucato, Lucrezia Reichlin.

La demonizzazione di Meloni ultima carta per una sinistra senza idee

Già si capisce su quali binari è destinata a incanalarsi la partita delle europee: da un lato una premier che anche leader di partito e che sa modulare il suo linguaggio quando parla ai partner internazionali e quando parla alla sua gente e ai suoi elettori, dall’altro una ridotta di impauriti che non troveranno nulla di meglio da opporre a Meloni di una rancida pappa antifascista. La demonizzazione dell’avversario, dunque, come ciambella di salvataggio. Un tentativo che nel caso della festa di Atreju ha fatto un flop clamoroso, sgonfiandosi in un attimo visto che la scena se l’è presa Elon Musk e non certo Abascal, obiettivo principale della sinistra petulante.

L’autogol del Pd: la difesa a spada tratta di Chiara Ferragni

L’ultimo autogol è stata la difesa di Chiara Ferragni che il Pd ha portato avanti con rigore e solerzia. Un elemento che certo avrà fatto piacere a quei lavoratori cui Schlein si appella quando agita la bandiera del salario minimo… ma che, soprattutto, dà ragione alle fulminanti battute di Fiorello secondo cui Chiara Ferragni è ormai la leader dell’opposizione, dopo la quale c’è appunto la scialba Elly. La quale ricorre al tema umanitario dei morti in mare per disegnare sulla premier i contorni di una Crudelia Demon…

Sallusti: Conte ridicolo sul giurì d’onore

“Insomma – chiosa oggi sul Giornale Alessandro Sallusti –  i due leader dell’opposizione vorrebbero silenziare il leader della maggioranza, perché di questo in fondo si tratta, per tutta la campagna elettorale per le elezioni europee in nome di non si capisce quale principio democratico. Sia chiaro: ben poche delle parole che pronunciano quotidianamente Schlein e Conte supererebbero il vaglio di un giurì d’onore, a volte neppure quelle di un professore di italiano. Certamente non convincono Lilly Gruber che di recente apostrofò in diretta la segretaria del Pd: «Ma chi la capisce se lei parla così?». Ecco, la Meloni viceversa quando parla si fa capire bene, tanto che la capisce pure uno come Giuseppe Conte che proprio sveglio non è. Che poi a lui dia fastidio sentirsi dire la verità ci sta. Ma scomodare il giurì è davvero ridicolo, non basta un cognome per atteggiarsi da conte, sì conte dei miei stivali”.

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