Genova, la mostra su Artemisia è patriarcale e sessista. E chi lo dice? L’influencer femminista
Artemisia Gentileschi, vietato parlare dello stupro che la pittrice subì e poi denunciò. O meglio, vietato parlarne come hanno pensato di fare i curatori della mostra di Genova “Artemisia Gentileschi. Coraggio e Passione”, curata da Costantino D’Orazio, con la collaborazione di Anna Orlando, e promossa e organizzata da Arthemisia con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria.
A protestare per la mostra “patriarcale” e “sessista” un gruppo di allieve del corso di laurea magistrale in Beni culturali che hanno trovato sponda sui media, in particolare su Repubblica. Al centro delle critiche la stanza multimediale “immersiva” “che ha al centro un letto e si intitola “La violenza, raccontata da Artemisia”. “Mentre la voce di un’attrice legge, dettagliatamente ed enfaticamente, tutte le fasi dello stupro, così come raccontate da Artemisia durante il processo, e attestate dai documenti, indugiando parecchio sui particolari alle pareti, vengono proiettati i quadri della pittrice, e sul letto, fisico, davanti al pubblico, scende un profluvio di sangue”.
Insomma si muovono le storiche dell’arte (si fa per dire) di Non una di meno. In loro rappresentanza va in visita alla mostra l’influencer (?) Noemi Tarantini che fa una recensione disgustata dell’allestimento basata sull’assunto che di Artemisia parlano solo maschi, tra cui Vittorio Sgarbi (che orrore!) e che la faccenda dello stupro è stata “spettacolarizzata” per via del letto insanguinato.
Oggi il giorno del confronto, ci avverte Repubblica con enfasi. Il curatore, Costantino D’Orazio, ha invitato, per un dialogo tra le sale, le donne che a dicembre hanno sollevato il caso e a loro si uniranno le attiviste di Non una di meno. Al di là del caso in sé – la richiesta di chiudere la “stanza dello stupro” – non pare essere presente in questo dibattito la voce dei visitatori. Tutti rappresentati dalle manie wokiste di Non una di meno? Non lo crediamo.
Il precedente è pericoloso, perché in caso di mostre che riguardano una donna sarà d’ora in poi più conveniente ascoltare l’influencer femminista piuttosto che saggiare il gradimento dei visitatori o affidarsi agli esperti. Assurdo. Ma il caso della mostra su Artemisia Gentileschi a questo ci sta conducendo. La protesta partita sui social ovviamente è tutta politica: ha lo scopo di colpire non solo il personaggio Sgarbi, ma anche il Comune di Genova e la Regione Liguria. Solo quelle di Non una di meno presumono di poter parlare in modo non “patriarcale” delle donne, per esempio facendo sfilare una Madonna in forma di vagina, il che la dice lunga sul tasso di sensibilità artistica delle neofemministe.