Meloni-Erdogan, l’ex ambasciatore ad Ankara: missione fortemente simbolica. L’intesa sui migranti rilancia il Piano Mattei
L’ex ambasciatore italiano in Turchia Carlo Marsili non ha dubbi a riguardo: quella della Meloni in Turchia da Erdogan è una missione «importante e significativa anche dal punto di vista simbolico», che arriva in un momento in cui ci sono «problemi di carattere internazionale che riguardano da vicino i due Paesi, innanzitutto il conflitto in Medio Oriente». Ma anche il conflitto russo-ucraino, su cui «si possono raggiungere convergenze maggiori». Una riflessione pregna di significato e di rimandi, quella che il diplomatico affida all’Adnkronos, e in cui sottolinea come un tempo ci fossero «rapporti strettissimi» fra i due Paesi, seguiti poi da un «raffreddamento negli ultimi nove, dieci anni». Un contesto in cui il bilaterale di ieri tra la premier e il Sultano ha avuto senza dubbio il merito di aver focalizzato l’attenzione istituzionale dei due Paesi sull’incremento dei «progressi sul piano bilaterale per cercare di incrementare ancora gli scambi tra due Paesi».
Summit Meloni-Erdogan, l’ambasciatore Marsili: Israele e Ucraina in agenda, col pensiero a migranti e “Piano Mattei”
In particolare, allora, nella sua disamina l’ambasciatore pensa alla prossima Conferenza Italia-Africa, un «tentativo del governo di rilanciare il Piano Mattei» e, relativamente all’incontro di ieri, al «tipo di collaborazione che la Turchia potrà dare all’Italia sul piano dei rapporti con l’Africa e sul contrasto all’immigrazione irregolare, che passa per la Libia», dove la «presenza turca è fortemente consolidata», «perché la Turchia ha avuto in questi ultimi anni una penetrazione molto forte nei Paesi africani», sia a livello di «rapporti politici che di collaborazione sul piano economico e commerciale».
Marsili: la missione della Meloni da Erdogan, «importante e significativa anche dal punto di vista simbolico»
Allora, le due ore di bilaterale sul Bosforo tra la premier Meloni e il Sultano Erdogan condensano in un incontro i temi in cima all’agenda politica e al centro dello scacchiere internazionale. Un primo incontro, quello tra i due leader a confronto sulla gestione dei flussi migratori, i nodi della crisi in Medio Oriente e il conflitto tra Russia e Ucraina che poi, come il protocollo prevede, ha affidato alla diplomazia il compito dei dettagli e della ratifica dei punti fissati nel summit: il primo vero summit a due, e rigorosamente “chiuso alla stampa”, nonostante presidente del Consiglio italiano e presidente della Turchia si fossero già incrociati in diverse occasioni istituzionali internazionali. L’ultima delle quali a Dubai in dicembre.
Le contraddizioni del Sultano mediatore
Uno di fronte all’altro, allora, Meloni – a Istanbul anche in qualità di presidente di turno del G7 – e Erdogan analizzano i dossier sul tavolo e i punti nevralgici dello scenario internazionale in cui, come noto, la Turchia si è fin qui ritagliata un ruolo di mediazione centrale nella ricerca degli equilibri possibili. Un impegno per cui la premier ha comunque ringraziato Erdogan per «i costanti sforzi di mediazione diplomatica di Ankara» sulla «riattivazione della Black sea grain initiative» mirata a «sbloccare l’invio di grano dai porti ucraini dopo che nel luglio scorso la Russia non ha rinnovato l’accordo». Ma su cui, al tempo stesso, non possono sfuggire le contraddizioni in essere.
Mediazione e ambivalenze
Contraddizioni che animano ruoli e mansioni sullo scacchiere internazionale, in cui Erdogan si è proposto in funzione di arbitro mediatore, senza però risolvere fin qui –come rileva oggi Il Giornale in edicola – le evidenti ambivalenze in campo. La Turchia – scrive allora il quotidiano milanese – «è occidentale ma musulmana. Fa parte della Nato (secondo contributore di truppe dopo gli Stati Uniti) ma parla e fornisce materiale bellico a Vladimir Putin. E si fa forte di queste contraddizioni per trattare e mediare: dagli ostaggi israeliani prigionieri di Hamas ai corridoi sul grano di Kiev, una delle armi di ricatto di Mosca nei confronti dell’Occidente».
Migranti, Meloni e Erdogan al lavoro su un’intesa sulla rotta nord-africana
Una partita complessa, quella in corso, che al momento vede fischietto e cartellini nelle mani della Turchia, e che interseca il delicatissimo fascicolo immigrazione, con la Libia punto di approdo e di ripartenza ormai da anni di flotte di scafisti e migranti sulla sua rotta. Un tema nevralgico spiccato tra i punti all’ordine del giorno del bilaterale di ieri a Istanbul, con Meloni e Erdogan impegnati a ridefinire e rinvigorire linee d’intervento e operatività sul fronte della cooperazione migratoria. Un fronte che, come rilevato già ieri, lo scorso anno ha portato ad una riduzione del 56% dei flussi irregolari lungo il corridoio Italia-Turchia.
Migranti, Turchia e Libia: lo snodo cruciale del summit di ieri
Un punto su cui ha lavorato energicamente anche il ministro dell’Interno Piantedosi, e che ora mira anche a un’intesa sulla rotta nord-africana. E su questo, spiegano da Palazzo Chigi, sinergie e cooperazione saranno sempre più strette, e su cui i rispettivi ministeri di Italia e Turchia intendono coordinarsi e raggiungere un’intesa a breve. Proprio sulla Libia, infatti, spiega l’inviato a Istanbul de Il Giornale, «il confronto era stato avviato a settembre scorso, quando – a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York – Antonio Tajani, vicepremier e titolare della Farnesina, aveva avuto un lungo confronto con il suo omologo turco. Ora i due dovrebbero a breve sottoscrivere un memorandum d’intesa tra Italia e Turchia». Un punto che già poco prima che il vertice Meloni-Erdogan cominciasse, l’ambasciatore Marsili aveva evidenziato, inserendolo tra quelli più significativi del confronto tra i due leader.