Napoli crack, De Laurentiis come Winston Churchill: ha vinto la guerra e ha già perso il consenso
Sir Winston Churchill nel 1945 vinse incredibilmente una guerra a cui non credeva nessuno. E pochi mesi dopo, per ringraziarlo, gli inglesi lo bocciarono alle elezioni. Chissà se Don Aurelio De Laurentiis saprà risorgere dopo essere caduto come fece Sir Winston, che si riprese lo scettro grazie al suo acume e al suo spessore. Lo scorso anno a Torino, la squadra di Spalletti che faceva divertire tutta l’Europa prese a pallate i granata andando a vincere il terzo scudetto: 10 mesi dopo , con una squadra più o meno invariata, ma senza Spalletti e senza Giuntoli, i campioni d’Italia sono stati umiliati, mortificati nello stesso stadio, celebrando la follia di un mercato calcistico sbagliato, di un allenatore (Garcia), preso senza senso e di un sostituto ( Mazzarri) che, con tutto il rispetto, sir Winston non avrebbe utilizzato nemmeno in infermeria.
Una squadra allo sbando, senza dirigenti, con un direttore sportivo preso come prestanome e un gruppo di viziati strapagati ai quali andrebbe scippato già da ora il tricolore. Fra tutti il principe, Victor Osimhen, contratto ritoccato a undici milioni netti con la promessa di sbarcare in Premier l’anno che verrà: uno che fa quello che vuole, quasi come se fosse il nume di Napoli, quel D10S innominabile a cui bastava allenarsi il giovedì per strabiliare gli occhi del mondo. Osimhen, che con Spalletti avrebbe mangiato riso in brodo ogni giorno, quest’anno ha giocato una decina di partite.
De Laurentiis ha ammesso di avere sbagliato tutto il possibile. È un uomo intelligente ma estremamente vittima dell’amor proprio. Nel successo dello scudetto e soprattutto di un gioco strabiliante pareva quasi invidioso di Luciano. Pensare che i suoi errori coprano la disfatta sarebbe ingeneroso. Un gruppo senza identità, fatto di bizze, con procuratori che minacciano scissioni, è alla mercé di se stesso. Azzardare che rischi la retrocessione è esagerato ma questa Waterloo infinita sembra essere la metafora di una eterna punizione, quasi come a dover pagare pegno per la troppa, grande bellezza dell’anno scorso. Nemmeno Mbappe e Messi farebbero resuscitare questa squadra in agonia, nella quale gli eroi che rappresentavano ( come può accadere solo a Napoli) un’intera città oggi sembrano maschere senza gloria. Uno di loro, Zielinski, piede raffinato, è già dell’Inter e oggi passeggiava, forse ignaro di guadagnare allo stato 4,2 milioni. Nel calcio che racchiude quasi novanta scudetti tra Lombardia e Piemonte vincere da Firenze in giù è evento raro come l’eclissi totale. La stessa che ha colpito il Napoli, la città di Eduardo e Giordano Bruno e del più grande artista sportivo mai visto: l’unico, davvero, che poteva chiamarsi Maradona.