Ostaggi, è buio fitto. Ultimatum di Hamas: non torneranno vivi se Israele non accetta le nostre condizioni

11 Gen 2024 8:50 - di Lorenza Mariani
ostaggi Hamas

Mentre la minaccia dell’estensione del conflitto in Medio Oriente, paventata dagli Stati Uniti, si fa sempre più concreta e acquisisce – di dichiarazione in dichiarazione – le fattezze di una realtà drammaticamente concreta, nella guerra parallela in corso dal 7 ottobre, quella sugli ostaggi nelle mani di Hamas a Gaza, il gruppo terroristico palestinese conferma la linea dura a oltranza. Una posizione ribadita in queste ore dal membro dell’ufficio politico dei miliziani, Osama Hamdan, che proprio sui rapiti ancora sotto sequestro ha lanciato un ultimo avvertimento: «Non torneranno vivi alle loro famiglie fino a quando Netanyahu e i comandanti dell’Esercito non accetteranno le condizioni». Condizioni che, come noto, prescrivono la fine totale delle ostilità nella Striscia.

Hamas: «Ostaggi? Non torneranno vivi se Netanyahu non accetterà nostre condizioni»

Mentre Egitto e Qatar lanciano una ennesima proposta di rilascio – che sarà discussa dal Gabinetto di guerra – Hamdam parla del procedimento per genocidio che si aprirà oggi all’Aja contro Israele. E incalza contro gli Usa: «Chiediamo alla Corte internazionale di giustizia di non cedere alle pressioni dell’amministrazione americana, che è un partner nella continuazione della guerra contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza». Quindi insiste a chiudere le porte a qualunque soluzione dialogante: per Hamas, «parlare dell’uscita (delle fazioni palestinesi) della resistenza dalla Striscia di Gaza è una mera illusione».

Ostaggi nelle mani di Hamas, i negoziati ingessati da un out-out irremovibile

Una dichiarazione tranchant, la sua, che fa riferimento a una proposta circolata su alcuni media israeliani per un accordo che includerebbe l’esilio dei leader di Hamas dalla Striscia in cambio di un cessate il fuoco permanente. Proprio nelle scorse ore, l’emittente israeliana Channel13 aveva riferito di un piano sostenuto dal Qatar che prevederebbe il ritiro dell’Idf dalla Striscia di Gaza, in cambio dell’esilio dei capi del gruppo terroristico e del rilascio graduale di tutti gli ostaggi tenuti nell’enclave palestinese. Ma Hamdan ha ribadito che «non ci saranno iniziative se non si parla della fine totale della guerra».

Localizzato tunnel dove erano tenuti gli ostaggi

Nessun negoziato, insomma, senza un cessate il fuoco definitivo. Una posizione che congela i sequestri degli ostaggi in una tragica condizione, con le loro vite sospese, nelle mani di aguzzini che continuano a usarle come scudi e armi di ricatto. Intanto, le Le forze israeliane che operano nell’area di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, hanno localizzato un tunnel dove erano tenuti gli uomini e le donne sequestrati da Hamas. Lo ha detto il portavoce delle Idf, il contrammiraglio Daniel Hagari, assicurando che «stiamo continuando a operare con determinazione, sopra e sotto terra a Khan Younis. Le forze hanno trovato un tunnel lì, dove gli ostaggi risiedevano in condizioni difficili sotto terra».

Stupri di Hamas del 7 ottobre: l’inviata dell’Onu sulle orme dell’orrore tra Israele e Cisgiordania

Su di loro continua ad aleggiare lo spettro della morte. Spazi angusti, bui dove l’incubo di un sequestro che non lascia intravedere vie d’uscita è una realtà palpabile quanto l’orrore della guerra che infuria in superficie. Ed è in quella dimensione di terrore che l’inviata delle Nazioni Unite sulle violenza sessuali si addentrerà, in viaggio tra Israele e in Cisgiordania per raccogliere informazioni sulle accuse di stupri commessi da Hamas in occasione dell’attacco del 7 ottobre. Lo ha reso noto l’Onu, secondo cui Pramila Patten, che è il rappresentante speciale del segretario generale sulla violenza sessuale nei conflitti, sarà in missione alla fine del mese, addentrandosi in quelle stanze dell’orrore attigue al conflitto e ai rapimenti.

Pratten incontrerà ex ostaggi, sopravvissuti, testimoni e vittime delle violenze sessuali di Hamas

La Pratten, dunque, «incontrerà sopravvissuti, testimoni e altri colpiti dalla violenza sessuale per identificare i modi per sostenerli. Ma intende anche incontrare ostaggi e detenuti rilasciati di recente. Sarà accompagnata da esperti in interviste sicure ed etiche. Prove forensi. Analisi digitale e responsabilità». L’Onu ha precisato che il suo viaggio non è destinato «a essere di natura investigativa». E che le sue scoperte saranno incluse in un rapporto annuale sulla violenza sessuale. Hamas è accusata di diffusi crimini sessuali contro le donne all’inizio del conflitto, evidenziati in un’inchiesta del New York Times pubblicata il mese scorso. Un’inchiesta che ha rilevato «uno schema di stupri, mutilazioni e brutalità estreme sulle donne negli attacchi contro Israele».

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