Stefano Zecchi: “Chiara Ferragni è caduta ad opera dei burattinai che l’hanno usata”

15 Gen 2024 12:30 - di Redazione
Zecchi Ferragni

Stefano Zecchi, filosofo e già docente di Estetica all’Università di Milano fornisce sul caso Ferragni un punto di vista diverso dalle solite tesi. Si eprime soprattutto sui meccanismi che ne hanno decretato le fortune, gli stessi – sostiene- che ora la stanno mollando. Esordisce – intervistato da la Verità– dicendo: «Chiara Ferragni è la Wanna Marchi dei tempi moderni. È la tele-imbonitrice digitale, che però non vende solo pandori; ma una visione di vita, alimentata esclusivamente dal consumo: un mondo fatato. La “fluidità” è il suo grimaldello, con cui orientare persone fondamentalmente fragili». Poi la constatazione che fa riflettere: Chiara Ferragni è il simbolo «di una tendenza drammatica, che peraltro non finirà certo con la sua caduta. Perché il vero burattinaio, in questa storia, è rimasto nascosto. Per adesso, attediamo l’arrivo della prossima Ferragni. Che sarà senz’altro più giovane, più fresca, forse anche peggiore dell’originale».

Caso Chiara Ferragni, il punto di vista di Zecchi

Stefano Zecchi è pessimista e nel suo guardare al fenomeno influencer individua un meccanismo diabolico: l’obiettivo di un imprenditrice digitale è «fare soldi a qualunque costo. Stiamo parlando di persone con centinaia di metri quadri di appartamenti trasformati in officine di comunicazione. Persone molto intelligenti, molto furbe, e anche molto ben gestite». Dunque, il filosofo e scrittore entra nel merito e spiega: «Io penso che il fenomeno Ferragni si stia sgonfiando ad opera della stessa mano che l’aveva insufflato. Oggi è stato deciso che la bolla doveva scoppiare». Intende riferirsi «a quelle potenti realtà economiche che hanno adoperato Ferragni come front-woman. Sono loro i burattinai della ragazza».

Zecchi: “Chiara Ferragni, burattinai e la dura legge del capitalismo”

Cosa lo induce a questa conclusione? La rapidità con la quale Chiara Ferragni sia passata dalle stelle all’inferno. «Non mi spiego altrimenti questa caduta repentina degli dei della Rete: se non per via dell’improvviso voltafaccia di alcune grandi entità economiche che d’improvviso hanno sottratto l’appoggio». E in effetto le grandi aziende sono state le prime a scaricare Ferragni quando le cose cominciavano a mettersi male. «È la dura legge del capitalismo», dice. Da Safilo e Coca Cola in poi c’è stato ed è in corso un fuggi fuggi generale dei grandei brand dagli accordi con l’influencer. La realtà dei fatti sembra dare ragione a Zecchi. Cosa accadrà ora? Non ha la sfera di cristallo, ma ipotizza: «Una gigantesca opera di sostituzione. Vedrete, arriverà presto un’altra Ferragni, un altro testimonial. Più fresco, più giovane, con nuove idee, magari anche più smaliziato dell’originale».

“Rileggetevi Vilfredo Pareto”

E conclude: «Ci troviamo di fronte a una perversione del capitalismo, che oggi si difende creando figure elitarie, le quali poi riescono ad assumere tramite i nuovi media un comando economico e culturale. Conviene rileggersi Vilfredo Pareto». Par di capire che il burattonaio – non tanto nascosto- sia  proprio questa sorta di degenerazione del capitalismo.

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