Strage di Acca Larenzia, un dolore senza fine e un agguato senza colpevoli lungo quarantasei anni

7 Gen 2024 9:31 - di Bianca Conte
Strage Acca Larenzia

Sono passati quarantasei anni da quando a Roma, in un agguato alla sede missina in via Acca Larenzia nel quartiere Tuscolano, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, non ancora ventenni, furono trucidati da un commando di estrema sinistra a colpi di arma da fuoco. Qualche ora più tardi resterà ferito a morte un altro militante missino, Stefano Recchioni, 19 anni, accorso sul posto come molti altri attivisti della destra romana. Qualcuno vide sparare ad altezza d’uomo un capitano dei carabinieri che venne però prosciolto dalle accuse. Stefano Recchioni morirà dopo due giorni, il 9 gennaio 1978.

Quarantasei anni fa la strage di Acca Larenzia

Fu una strage, un momento tragico i cui echi deflagrano nell’aria da quasi mezzo secolo, e che segnerà a fondo le comunità della destra italiana. Un eccidio che, ancora oggi, riga il volto di lacrime di chi c’era, e permea di incredulità gli sguardi increduli di chi è nato dopo, ma conosce ogni dettaglio di quella drammatica vicenda. Un sacrificio, quello dei tre giovani martiri, che suscita ancora commozione. Sconcerto. E rabbia. Sentimenti alimentati dalle vicissitudini giudiziarie che hanno marcato a caratteri di fuoco la vicenda, finita nell’incompiuto e a tutt’oggi segnata dall’impunità dei carnefici.

Strage di Acca Larenzia, quella data e quelle vittime dell’odio ideologico e del clima di omertà

Da più di quarant’anni, ogni anno, proprio ad Acca Larenzia, c’è un mondo – e non solo una comunità – che si riunisce a ricordare quelle vittime dell’odio politico. Quei giovani che hanno pagato con la vita, in quegli anni terribili, l’appartenenza a un universo di valori e di idee, e la loro partecipazione militante. Una strage, quella di Acca Larenzia, resa ancora più cupa dal clima di omertà che vigeva all’epoca. Dalla responsabilità della stampa e di un sistema politico che assecondarono l’obbrobrio della tesi “uccidere un fascista non è reato”. Con Radio Onda Rossa a esultare per la morte dei tre “fascisti”. Con i consiglieri comunali del Pci a brindare per l’uccisione dei “topi fascisti”. Una strage che portò al suicidio, pochi mesi dopo, del papà di Francesco Ciavatta.

L’esecuzione di Bigonzetti e Ciavatta, il colpo alla testa di Recchioni

E successo quarantasei anni fa, ma il ricordo e il dolore sono vivi ancora oggi. Franco e Francesco sono pronti a uscire dalla sezione per un volantinaggio quando scatta l’esecuzione di un commando di 5 o 6 terroristi, rivendicata dai Nuclei Armati per il contropotere territoriale. Una delle tante sigle utilizzate da Potere operaio. Di Stefano Recchioni e della controversa inchiesta che ne seguì abbiamo detto: basti dire che nelle tasche del ragazzo vennero fatti trovare dei proiettili ma il giovane era giunto ad Acca Larenzia disarmato, come tutti i suoi amici hanno testimoniato.

L’agguato e gli scontri davanti alla sezione missina

La notizia della morte di Bigonzetti e Ciavatta si diffonde in fretta in città. Centinaia di ragazzi di destra, in un tam tam impazzito e disperato, accorrono spontaneamente sul luogo dell’assalto. E Stefano Recchioni è tra questi. Acca Larenzia fu una strage, come è scolpito sulla targa di marmo accanto alla porta della sede. Dove anche questa mattina si celebrerà il rituale omaggio ai caduti. E dove, ancora una volta, il tributo a quel giorno di sangue e di morte che ha stroncato le vite di Franco, Francesco e Stefano, e di quella terribile “onda lunga” di morte, tornerà a far rivivere un ricordo indelebile. Come indelebile resterà la memoria degli agguati e delle esecuzioni che, negli anni successivi, avrebbero travolto altri giovani.

L’omaggio della regione Lazio, il tributo di Roberta Angelilli

I tanti caduti di una stagione di ritorsioni, violenza politica e odio ideologico, senza pietà. Martiri ai quali oggi, come ha testimoniato sul suo profilo Facebook tra gli altri Roberta Angelilli (vicepresidente della Regione Lazio nella giunta del presidente Francesco Rocca), «nel ricordo della Strage di Acca Larenzia dove furono massacrati Franco, Francesco e Stefano, giovanissimi militanti del Fronte della Gioventù, la Regione Lazio ha deposto una corona d’alloro alla memoria».

Acca Larenzia, Scurria (FdI): «Ferita mai rimarginata, continua la lotta per la verità e la giustizia»

Così come, ricordando l’eccidio del 7 gennaio del ’78, il senatore di Fratelli d’Italia Marco Scurria ha ricordato: «Si compiono oggi 46 anni dalla strage di Acca Larentia, capitolo doloroso, ma importante della storia politica italiana». Sottolineando: «Quel 7 gennaio 1978, rimane ancora una ferita mai rimarginata. Continuiamo a lottare, per ottenere verità e giustizia per coloro che sono morti prematuramente in nome di un’idea. Di un’Italia che sognavano grande e libera. Non smettiamo di ricordare per trasmettere un forte monito alle generazioni future, affinché quegli anni di sangue e paura non tornino mai più», ha concluso Scurria.

Acca Larenzia, Trancassini (FdI): «Onoriamo la memoria delle vittime». Il ricordo di «una tragedia senza colpevoli»

Un appello a non dimenticare che è arrivato anche dal deputato di Fratelli d’Italia, Paolo Trancassini. Il quale, a margine della commemorazione della strage di Acca Larentia, nel quartiere Tuscolano di Roma, ha dichiarato: «A 46 anni di distanza non dimentichiamo e onoriamo la memoria di Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, giovani militanti del Fronte della Gioventù, vittime della violenza politica che infuriava in quegli anni». Aggiungendo in calce: «Una tragedia rimasta ingiustamente senza colpevoli, che resta una delle pagine più buie della nostra storia. Condanniamo con forza ogni forma di odio ideologico e di violenza, un monito importantissimo per i nostri giovani affinché queste tragedie non si ripetano mai più», ha quindi concluso il deputato…

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