Candeggina nel calice, il prete anti-mafia beve ma si salva e denuncia: “Ennesimo attentato”
Candeggina nel calice, un sorso di vino per la Comunione col Signore e un improvviso fastidio allo stomaco. Don Felice Palamara, parroco di San Nicola di Pannaconi (Vibo Valentia), si è accorto quasi subito che qualcosa non andava: dopo aver odorato il calice, ha capito che era stato vittima di un’intimidazione. Anche perchè il prete anti-mafia era già stato oggetto di minacce e di attacchi delle scorse settimane. I carabinieri sono al lavoro nel tentativo di individuare i responsabili, analizzando i filmati delle telecamere dei dintorni. L’ipotesi è che sia in atto un attacco coordinato contro la Chiesa locale a opera di organizzazioni criminali, a seguito dei numerosi appelli alla legalità vanzati dai sacerdoti intimiditi. Attualmente, il governo del piccolo Comune in provincia di Vibo è affidato a un commissario prefettizio. Lo scorso agosto il sindaco aveva rassegnato le dimissioni a seguito dell’operazione Maestrale Carthago, che ha portato alla luce sospetti di influenze mafiose nell’amministrazione locale. Dal suo profilo Facebook scrive: «La mia vendetta si chiama amore, il mio scudo perdono, la mia armatura misericordia».
Il parroco soffre di asma ed è cardiopatico. “Sono certo che questa intimidazione non sia opera dei miei parrocchiani, sono qui da dieci anni e con la gente del posto ho sempre avuto un rapporto di affetto reciproco”, ha detto al Corriere della Sera. “Non permetteremo a nessuno di fare del male al nostro parroco, nessuno potrà fermare un paese che vuole e merita riscatto e che vuole crescere”, ha fatto sapere la comunità. Poche settimane fa l’auto di don Felice Palamara era stata danneggiata nei pressi della chiesa. E al suo indirizzo erano state spedite lettere intimidatorie.