Da Putin polpetta avvelenata sulle amicizie italiane alla vigilia della presidenza del G7
Ormai è un dato acquisito nella coscienza comune: le parole, in una guerra ibrida – variante sul tema dell’invasione russa dell’Ucraina – sono importanti. Lo abbiamo visto nei mesi scorsi, con lo scherzo del duo “comico” russo che, fingendosi rappresentanza della Commissione dell’Unione Africana, ha cercato di strappare a Giorgia Meloni dichiarazioni imbarazzanti riguardo il sostegno italiano all’Ucraina. Risultato? Un buco nell’acqua. Anche nel tono confidenziale di una telefonata passata dagli uffici diplomatici, le parole della premier a favore di Kiev sono state nette. Impegno sublimato nelle ultime settimane, poi, con un’importantissima missione di “persuasione”, andata a buon fine, nei confronti di uno dei leader più scettici davanti all’ipotesi di strappare in toto con la Russia: Viktor Orbàn. È stato il presidente del Consiglio italiano infatti, su mandato dei partner europei, a convincere il premier magiaro a sbloccare il pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro per l’Ucraina.
Ciò a certificare il ruolo centrale, riconosciuto e consolidato, dell’Italia nello scacchiere dell’alleanza atlantica nonché della sfida che l’Europa è chiamata ad intraprendere, con una certa urgenza, come soggetto dotato di una politica di difesa. Ruolo italiano che troverà sabato prossimo – in occasione del secondo anniversario dell’aggressione russa – un altro di quei momenti che faranno il giro del mondo: la prima riunione del G7 sotto la presidenza italiana, presieduta dalla premier Meloni, avrà come ospite Volodymyr Zelensky. Una scelta che più chiara non si può: a maggior ragione nelle ore in cui il mondo piange la scomparsa del dissidente Alexej Navalny. Morte tragica su cui le responsabilità del regime di Mosca sono un fatto.
Davanti a tutto questo che cosa è avvenuto oggi? Un altro tentativo di destabilizzare il dibattito italiano: la polpetta avvelenata, stavolta, è giunta direttamente dal capo del Cremlino. «L’Italia – ha detto Putin – ci è sempre stata vicina, ricordo come ero accolto lì, mi sono sempre sentito a casa». Così il leader russo ha risposto a una studentessa italiana dell’università di Mosca, durante un forum, sui rapporti tra i due Paesi. Con un di più che supera, diciamo così, la mozione degli affetti. Putin, infatti, ha sottolineato come la Russia abbia «sempre più sostenitori nel mondo, soprattutto quando si tratta di valori tradizionali» e anche nei Paesi cosiddetti ostili «esiste una rete di sicurezza per questi valori tradizionali, che si è rivelata abbastanza ampia, affidabile e abbiamo anche molti alleati lì».
Un tentativo evidente di avvelenare i pozzi – in Italia e non solo – alla vigilia di una campagna per le Europee dove il tema Ucraina, e il cordone di sicurezza politico creatogli attorno, sarà uno dei contrafforti per qualsiasi tipo di ipotesi “governista”. Provocazioni fini a se stesse, dato che il governo Meloni e la sua maggioranza hanno dato prove granitiche sulla scelta di campo pro-Kiev. Che cosa resta allora? La prova di frustrazione del regime russo, ai suoi massimi livelli, che spera ancora in un segno di un fastidio, di stanchezza, da parte di un Occidente presuntamente “letargico”. E invece…