Meloni al rogo al Carnevalone di Poggio Mirteto per la gioia dei nostalgici dell’odio (che erano poche decine)
Nel piccolo comune di Poggio Mirteto (6000 abitanti), con la scusa del Carnevale, hanno bruciato un pupazzo con le sembianze di Giorgia Meloni “vestita” con la fiamma tricolore. Pessimo gusto cui i kompagni ci hanno abituato da tempo. Ma a chi obietta che la scena è stata pietosa e che si iscrive a pieno nella tendenza antinazionale dell’incitamento all’odio, loro rispondono che quel Carnevale esiste dall’Ottocento e che sempre si brucia qualche effigie di un politico. Ma, guarda caso, la stessa sorte è toccata a Berlusconi. E, guarda caso, mentre il fantoccio della premier bruciava si cantava Bella ciao. E, ancora guarda caso, l’iniziativa – che esattamente si chiama Carnevalone liberato – l’ha realizzata l’Arci di Poggio Mirteto. Non è stata un successone quanto a numeri, però si sono tolti la soddisfazione di fare la loro cantatina preferita. Eppure esibire i fantocci dei politici in altri casi ha dato scandalo. A Salvini ancora rinfacciano la bambola con le fattezze di Laura Boldrini.
Invece contro la premier tutto è consentito. Tutto appare lecito. In una deriva francamente preoccupante, oltre che delirante. Le si può dire “stronza” impunemente anzi invocando le scuse per chi l’ha insultata perché a Palazzo Chigi non c’era nessuno ad aprire la porta e offrire tè e pasticcini a un esaltato presidente di Regione. E si può bruciare il fantoccio di lei con la fiamma perché quello sarebbe un Carnevale trasgressivo (è fortemente anticlericale infatti si svolge in tempo di Quaresima). Tutte circostanze che fanno andare in estasi i vari estremisti che stanno rilanciando il video via Fb.
Uno di questi va per le spicce, postando il video del fantoccio che brucia con la scritta “Brucia, stronza”. Incitamento all’odio? Macché, secondo lui è sano e consapevole divertimento alternativo e a quelli di sinistra che commentano la scena storcendo il naso i compagni replicano accusandoli di perbenismo medievale. Insomma era un raduno di nostalgici degli anni Settanta (decennio in cui si urlava nelle piazze che “le sedi dei fascisti si chiudono il fuoco” e col fuoco bruciarono i figli di un segretario di sezione missino a Primavalle, Roma).
“Un certo tipo di ambienti non conosce il filo sottile che separa la goliardia e la satira carnevalesca dall’incitamento all’odio – dichiara Matteo Carrozzoni, segretario provinciale di Rieti di FdI – da un carnevale non ci aspettiamo questo, ma non ci sentiamo particolarmente turbati perché certi ambienti sfornano solo manifestazioni di cattivo gusto”.