Italo Cucci, il giornalista anarchico di destra: “Ho fatto carriera tra i comunisti solo perché ero bravo”

2 Feb 2024 10:05 - di Marta Lima

Italo Cucci, il famoso giornalista di carta stampata e tv, oggi in una lunga intervista rilasciata al “Corriere della Sera“, dall’isola di Pantelleria dove vive, ripercorre la sua brillante carriera, tra scoop, personalità conosciute e intrecci politici. Da presidente del Parco naturale dell’isola, parla del sud, del futuro e del suo passato. “Ho una passione tale per il Parco che la gente mi evita, perché parlo solo di quello. Quando ci fu lo sbarco sulla luna, Garcia Marquez era sull’isola e scrisse: ‘Date retta a me, la luna è Pantelleria’. È così”. Cucci racconta del suo incontro con Borges, durante i Mondiali in Argentina, con Maradona, Chet Baker, Fred Buscaglione, poi parla della sua fede politica giovanile.

Cucci, la destra e i compagni tra cui farsi largo

Ero un rompiscatole ed ero un ragazzo di destra. Si era liberato un posto a Stadio per la morte tragica di un collega e mi fece assumere lì. Ma quando Spadolini mi chiamò mi disse che gli estremi si incontrano, per cui non voleva rischiare di trovarsi un estremista di sinistra in redazione. Mi crollò il mondo addosso, ma fu la svolta della mia vita… Mi chiamo Italo in onore di Italo Balbo, era compagno di collegio di mio zio, medaglia d’oro della Grande Guerra. Quando sono nato era governatore della Libia e mandò un messaggio, felice che mi avessero dato il suo nome. Mio padre invece salvò dai tedeschi ladri d’arte grandi opere dei musei italiani nei sotterranei della Rocca Ubaldina di Sassocorvaro, come avevano ordinato Bottai e Argaa…

“Biagi mi volle lo stesso, nonostante la politica…”

“Sono un anarchico di destra, poi ho scoperto che l’aveva già detto Longanesi. Per Ferrari avevo uno spirito indipendente da pericolo pubblico. E la carriera penso di averla fatta perché ero bravo, anche a Rai3 che era rossa, o al Carlino chiamato da Biagi, su segnalazione di Zavoli. Avvertii Biagi che non ero di sinistra, rispose che non gliene fregava nulla…”.

Poi la droga di Maradona: “Disse che ero un bell’amico perché parlavo di lui e non degli industriali che si fanno di coca. Gli ricordai che era ambasciatore Unicef. La rottura vera fu a Usa ’94. Nel 2006 a Monaco ci riabbracciammo e piangemmo come due idioti. Era un pezzo di pane”. La sua carriera da cosa è stata guidata? “Dalla volontà di farmi capire, da chi legge o ascolta”.

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