L’intervista. De Priamo: “È una corsa contro il tempo ma faremo di tutto per far votare i fuori sede alle Europee”
È una corsa contro il tempo quella di Fratelli d’Italia al Senato per consentire agli studenti fuori sede di votare alle prossime elezioni europee di giugno senza dover tornare nel loro comune di origine. La proposta, già passata alla Camera, tiene conto del pressing degli studenti universitari che da anni chiedono di poter essere messi nelle condizioni più favorevoli per esprimere il proprio diritto di voto. Giunto a Palazzo Madama, il provvedimento, che necessita di alcune modifiche tecniche e quindi di un nuovo passaggio alla Camera, rischia di non essere attuativo per le elezioni europee. Da qui l’emendamento presentato in commissione Affari costituzionali da FdI per sveltire l’iter. Il senatore Andrea De Priamo è uno dei firmatari.
Di cosa si tratta? Qual è lo spirito di questa iniziativa?
Con questo emendamento, che introduce in via sperimentale il voto per gli studenti fuori sede in occasione delle prossime elezioni per rinnovare il Parlamento europeo, abbiamo espresso chiaramente la volontà di fare tutto il possibile per dare voce a un’istanza condivisa dalla totalità delle associazioni studentesche. Una battaglia storica che ha visto il contributo decisivo anche di Azione universitaria.
Quale sarebbe il nuovo meccanismo di voto?
Prevediamo due tipologie diverse: lo studente fuori sede che risiede nello stesso collegio elettorale potrà votare nella sezione del proprio domicilio, come i rappresentanti di lista per intenderci. Nel caso di uno studente residente fuori dal collegi verranno previsti dei seggi elettorali ad hoc. Si tratta di una formula legata all’imminenza del voto europeo. Resta escluso il voto amministrativo
Perché questa ‘concessione’ sulla quale oggi una parte della sinistra fa polemica? Vi accusano di ritardi e di volervi ‘accaparrare’ i voti dei giovani
La ratio, condivisa da tutti, è quella di considerare le masse importanti di studenti che vivono e studiano lontano da casa con costi alti, pensiamo anche alle problematiche sociali legate agli alloggi. Sono ragazzi che per lo più non hanno un reddito, per i quali esercitare il diritto di voto può essere un problema reale fino a diventare un vero e proprio vulnus per la democrazia. Il legislatore ha il dovere di porsi il problema e risolverlo, si tratta di una criticità che alimenta l’astensionismo già molto alto nelle competizioni elettorali.
Pezzi di opposizione, 5Stelle in testa, parlano di proposta monca e in ritardo
Mi viene da ridere. Il ritardo è semmai quello accumulato per decenni in cui il provvedimento non solo non è stato approvato ma neppure proposto. Oggi siamo di fronte a una vera e propria corsa contro il tempo, ma se l’obiettivo non venisse raggiunto non è certo colpa della maggioranza né del governo Meloni che, come sempre, ci ha messo la faccia. Stucchevole anche chi rilancia chiedendoci di estenderlo ad altre categorie, come i lavoratori. Si tratta di persone che comunque, per quanto basso, hanno un reddito. Dall’opposizione ci aspettiamo collaborazione e non polemiche pretestuose.
A proposito di elezioni, in queste ore è tornata alla ribalta delle cronache la questione del terzo mandato
La Lega, come è noto, ha presentato due emendamenti nel Decreto elezioni che prevedono l’estensione al terzo mandato per i sindaci e presidenti di Regione. Se si tratta di comuni fino ai 15mila abitanti, di piccolissimi comuni, o anche medio-piccoli, la proposta è condivisibile. Diverso è il caso dei grandi comuni e dei presidenti di Regione.
Perché?
Ci sono argomenti a favore e argomenti contro. Se è comprensibile che il cittadino possa esercitare la volontà di una continuità amministrative ulteriore, c’è il rischio opposto di una mancanza di ricambio generazionale e di una eccessiva personalizzazione. Per i governatori, inoltre, si creerebbe un problema di incoerenza con l’emendamento di tutto il governo sul premierato, che prevede due mandati per il presidente del Consiglio, si avrebbe un disallineamento. La questione è comunque sul tavolo di Giorgia Meloni e dei leader del centrodestra, a loro spetterà la decisione finale. Che sarà condivisa. Se mi chiede una valutazione strettamente personale, sono contrario.