Premierato, il governo trova l’intesa sugli emendamenti. Il primo sì a giugno
A fine giornata, si contano in Commissione Affari costituzionali del Senato, circa 2mila emendamenti al ddl sul premierato. Un Ddl su cui il governo, secondo l’auspicio della premier Giorgia Meloni, punta ad avere il primo ok del Senato entro il voto delle europee di giugno. Dopo giorni, sul filo di lana, la maggioranza ha trovato l’intesa riducendo a 4 i suoi emendamenti, con una riformulazione che mette d’accordo i leader del centrodestra sull’art. 94 della Carta, dove si normano i poteri del premier eletto, ripristinando il principio del “simul simul”. Principio che apre direttamente le porte al voto «in caso di revoca della fiducia al Presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata».
Premierato, il governo trova l’intesa sugli emendamenti: in caso di sfiducia si torna alle urne
Accordo benedetto a nome dell’alleanza dal premier Meloni, che si trova in Giappone. «Si è lavorato a una formulazione della norma più chiara della precedente. Serve maggiore stabilità, basta con gli inciuci, basta con i governi tecnici: saranno i cittadini se passa questa riforma a decidere da chi devono essere governati. Questa la considero la madre di tutte le riforme», ha detto il premier da Tokyo. Il testo, limato grazie alla mediazione della ministra Casellati, lascia spazio ancora al premier di riserva, che può arrivare se il presidente eletto rassegna «dimissioni volontarie». Prevedendo, comunque, la facoltà al presidente del Consiglio indicato dai cittadini di poter anche in questo caso chiedere, «entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone». Via libera invece senza indugi al premier di scorta in caso di «morte. Impedimento permanente. E decadenza» del primo inquilino di Palazzo Chigi. Ma solo per una volta durante la stessa legislatura.
L’esame del ddl e gli emendamenti dell’opposizione
Il meccanismo di modifica del ddl, incentrato sulla norma anti-ribaltone, arriva in Commissione a nome del governo, non più, come inizialmente previsto, a firma delle forze di maggioranza. L’esame del ddl dovrà fare inoltre i conti con la pioggia di modifiche al testo, non solo soppressive degli articoli del ddl Casellati, presentati da Pd, M5S, Avs, Italia Viva e Azione. Ma le opposizioni sono divise sulle modifiche. E allora, circa 1800 sono gli emendamenti che arrivano dal partito di Elly Schlein e dalla sinistra di Avs. Ha scelto invece di mettere la firma solo su 12 emendamenti mirati il Movimento 5 Stelle. Il partito a guida Conte propone di permettere ad esempio al capo dello Stato il rinvio parziale delle leggi e dei decreti-legge. Di ridurre il quorum per i referendum abrogativi. E sottoporre preventivamente alla Consulta le leggi elettorali. 16, infine, gli emendamenti dei renziani di Italia Viva, 8 quelli di Azione.