Un libro, un detective, una ragazza scomparsa. Ogni riferimento a Emanuela Orlandi è puramente casuale. O no?

8 Feb 2024 15:49 - di Luca Maurelli

Una ragazza cammina per strada, qualcuno la segue, le offre un lavoro, lei si lascia convincere a salire su un’auto grazie al volto amico di una persona rassicurante per definizione, un prete, forse, o un cardinale, l’ultimo volto al quale la quindicenne dall’aspetto carino e dalle forme precoci avrà il piacere di sorridere. Non siamo a Roma, e neanche in Vaticano, non ci sono nei dintorni Lupi grigi o boss della Magliana, quella ragazza non è Emanuela Orlandi ma si chiama Helene Rinaldi. Eppure anche per lei i primi ad attivarsi, a New York, sono i più alti prelati della Curia, cardinali in testa, gente spiccia, che va rapidamente alle conclusioni lanciando appelli ai rapitori. Perché proprio ai rapitori e non ai maniaci, ai fidanzatini, ai trafficanti di organi, agli alieni?

Jack Rubino e il caso della ragazzina sparita a New York

Una domanda che Jack Rubino, il detective italoamericano sfigato e in bolletta, dalla pessima fama ma dalla discreta fame, si pone quando i parenti della ragazza gli chiedono di investigare parallelamente alla polizia newyorkese, che non ama quello zerozeroniente all’olezzo di alcol che tratta male tutti per non sentirsi in colpa quando maltratta se stesso. L’indagine fa il libro, anche se forse è il libro che fa l’indagine visto che l’autore, Andrea Raguzzino, avvocato scrittore con l’hobby dello humor nero a tinte gialle, riprende i fili di una narrazione che nasce due volumi prima, con un Jack Rubino, anche in quel caso, alle prese con un caso sporco e scivoloso, come i suoi calzini, del resto.

Lo affianca, nella ricerca dei “rapitori” di Helena Rinaldi, qualche donna innamorata ma intollerante, come tutte le donne innamorate, un sorso di wiskey da gettare di sotto come fosse un colluttorio, a sputi, e un amico, Russel, gigante buono solo con lui ma cattivissimo con chiunque minacci il suo sodale o metta in dubbio il suo amore di barista, che lo parcheggia per ore sullo sgabello di un locale a fargli a guardia. La pista giusta, ancora una volta, la trova per caso Jack, ma come sempre, la polizia cerca di ostacolarlo, come per invidia, anche se a vederlo, nelle descrizioni che ne fa il suo fan più sfegatato, Andrea Raguzzino, nessuno proverebbe invidia per un italoamericano di Hell’s Kitchen che brancola nel buio della sua vita e ne riemerge solo per inattesi picchi di orgoglio e di indignazione. Come quando capisce che la famiglia di Helena potrebbe essere arrivata alla conclusione di non voler sapere nulla del destino della figlia avendo intuito che il ruolo della Chiesa potrebbe essere centrale e un suo coinvolgimento metterebbe a rischio l’impero costruito sui buoni rapporti.  “La troverò, anche gratis”, annuncia, anche un po’ per farsi bello con una donna, il cinico Jack.

Un libro che parla dei misteri delle persone, più che di quelli delle storie

In “Jack Rubino: il caso Helena Rinaldi è tuo!” (Jack Edizioni, pp.228, euro 10), Raguzzino manifesta la sua incrollabile fede nel racconto metropolitano a tinte fosche, sul filo dell’antropologia che lo spinge a descrivere personaggi contraddittori mai definitivi, ubriaconi, zoccole, poliziotti corrotti, preti ostaggio del demonio, assassini, donne isteriche, mostri gentili e creature innocenti, tipologie umane che si intrecciano in una trama che è quasi un pretesto per collocare  personaggi pronti a ingannare se stessi per imporre il proprio cuore blindato dalle emozioni all’avversario scelto nel mondo, salvo poi sciogliersi al primo alito d’amore, perfino per il prossimo, come lo stesso Jack Rubino, che non riuscirebbe ad amare come se stesso neanche il prossimo suo, se solo sapesse chi è.

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