Verso l’8 marzo. Le “straordinarie” secondo noi. Manuela Lamberti, la manager che auspica un nuovo umanesimo

23 Feb 2024 10:07 - di Vittoria Belmonte
Lamberti

Con questi ritratti in vista dell’8 marzo il Secolo d’Italia intende far conoscere alcune delle (tante) donne straordinarie che non saranno mai attenzionate dal mondo progressista. Perché, semplicemente, non si riconoscono nei canoni di un femminismo fatto di quote, rivendicazioni, piagnistei. E non perché non siano a favore delle donne e delle loro battaglie ma perché sono già oltre. Con il loro impegno in vari campi hanno già tracciato un percorso che può essere di stimolo e esempio. Sono straordinarie nella loro ordinaria capacità di coniugare l’essere donna con la professione al servizio della società. 

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A trovarla, oggi, un’esperta seria in management culturale. Una cioè che ti spiega come produrre un evento culturale e dove trovare i fondi per sostenere le spese. Manuela Lamberti, nata nel 1970, torinese elegante e cortese, ha insegnato management culturale per otto anni alla facoltà di Economia di Torino. E’ un’ex legale che a un certo punto ha cambiato mestiere. Fa la consulente e con la sua esperienza ha lavorato anche a Parigi, un evento per Uber e un altro per il marchio Veuve clicquot.

La politica l’ha incrociata fin da ragazzina, militando già a 14 anni nel FdG. E siccome in un ambiente troppo maschile e troppo votato all’attivismo lei era una che amava i libri e amava leggere, è diventata l’addetta ai volantini, ai cineforum, alle mostre. La politica l’ha attratta fino ai 30 anni, poi basta. Ma dal 2018 guarda con simpatia a FdI. Abilissima nel marketing del territorio, ha fatto parte della Film commission del Piemonte, del cda dello Stabile di Torino, della Fondazione Cesare Pavese. Oggi è la presidente del laboratorio culturale di destra L’arsenale delle idee, che segue insieme a Raffaele Zanon.

Il progetto a cui Manuela Lamberti tiene di più si chiama però Itaca digitale che da tre anni sta sviluppando una serie di attività su intelligenza artificiale, ologrammi, realtà aumentata. E’ un lavoro che si sviluppa assieme agli studenti delle medie superiori. “E lo scopo – spiega – è di aiutarli a ritrovare la dimensione dell’umano in mezzo a questa formidabile trasformazione culturale che stiamo vivendo”.

Da un punto di vista valoriale il suo obiettivo è fare in modo che digitale e nuovo umanesimo vadano di pari passo. Da un punto di vista manageriale lo scopo è insegnare ai giovani come si creano i contenitori che poi vanno riempiti di contenuti culturali. “Questo significa pensare alla cultura in termini manageriali”.

“Ho raccolto intorno a me – racconta – sperimentatori di cultura digitale, creativi nft, esperti di ologrammi e di realtà aumentata, di ingegneria del cinema, docenti universitari del Politecnico di Torino che lavorano con e sull’ intelligenza artificiale, Politecnico dove abbiamo una postazione di lavoro, da cui collaboriamo con le facoltà umanistiche. Sto lavorando a Digito Cultura, festival della Cultura digitale, una grande Kermesse: 4 panel tematici strutturati in 4 format per raggiungere differenti pubblici e trasmettere più livelli di conoscenza. Ma il fondamento della ricerca è l’ affermazione di un umanesimo digitale dove la capacità critica dell’ uomo non soccomba alla tecnologia”.

Lavora da mesi a due taccuini di appunti che diventeranno libri: uno racconterà l’esperienza di Itaca digitale e l’altro sarà un manuale di gestione degli eventi culturali. L’intelligenza artificiale è un rischio ma anche una sfida. “La nostra mente sta cambiando – osserva Manuela Lamberti – noi siamo costantemente su un cellulare, legati a sistemi di gestione del quotidiano che sono realizzabili in luoghi che non sono fisici. La creatività è offuscata. I nativi digitali vivono una realtà disarticolata senza neanche rendersene conto, vivono in un non luogo”. Eppure non vuole cedere al pessimismo. “Dobbiamo però prendere coscienza che il problema è che non ci troviamo dinanzi a una rivoluzione di produzione ma di fronte a mutamento strutturale della mente umana che si fa sostituire nella creazione di una strategia. Dobbiamo tornare a noi stessi. Questo mutamento può rappresentare il ‘funesto demiurgo’ o può essere gestito positivamente. C’è un forte bisogno di ritorno ai valori e di recupero della nostra identità. Per questo secondo me la destra in questa fase è vincente”.

 

 

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