Caso Bari. Se per Antonio Decaro il ricorso alle tutele è come un attentato di “lesa maestà”
Hanno costruito carriere – e che carriere – alimentando e soffiando sulla cultura del sospetto. Hanno invocato le inchieste e gli arresti come sentenze passate in giudicato davanti a cui la politica non doveva che prendere atto: ossia fare un passo indietro. Dimettendosi. Su una certa cultura militante dell’Antimafia, poi, si sono aggrappati per trent’anni costruendo folli teoremi che avevano come unico obiettivo quello di costruire la leggenda nera del centrodestra, e di Forza Italia in particolare. Adesso che qualche dubbio si manifesta su quella che considerano una loro roccaforte, ecco che il giustizialismo “interiorizzato” gli si ritorce contro. E i toni della reazione sono tanto populisti quanto plebiscitari. Fino a poco tempo fa loro stessi li avrebbero chiamati…berlusconiani.
Non si può non inquadrare con questo cortocircuito la clamorosa levata di scudi della sinistra e del sindaco di Bari in particolare, Antonio Decaro, davanti alla decisione del ministero dell’Interno di avviare un’ispezione per verificare gli eventuali estremi dello scioglimento del Consiglio comunale per mafia. Ipotesi suffragata non certo da una campagna scandalistica o politica ma da un’indagine della Procura che ha determinato più di cento arresti e il commissariamento dell’azienda municipalizzata dei trasporti. La reazione del primo cittadino del capoluogo pugliese, nonché presidente dell’Anci, è stata quella di scagliarsi così – con la teatralità di uno sceneggiato stile gangster movie – contro il governo e il centrodestra: «Siete come i Savastano di Gomorra». Tradotto: volete solo riprendervi la città. Utilizzando per l’occasione un immaginario non casuale – di un mondo criminale da addossare ovviamente all’altra parte – che mira a confondere le acque e imporre una narrazione subito ripresa dai media di area.
Uno spostamento totale dal focus del dibattito («la guerra a Bari», denunciata dal sindaco, la portano i clan mafiosi non certo l’esecutivo o le forze di maggioranza) certo; e una stoccata grottesca e sguaiata al centrodestra dato che – come risulta al Secolo – più volte al primo cittadino barese era stato chiesto di presentarsi per un Consiglio comunale straordinario dopo la retata della magistratura: niente da fare. Ed è così che la scelta dei parlamentari di rivolgersi al Viminale, non per imbastire un processo ma per scongiurare l’eventualità di infiltrazioni mafiose, è stata vissuta dal sindaco e dai suoi come un attentato di lesa maestà invece che come un legittimo ricorso alle tutele istituzionali. Tutele per la città e per i suoi cittadini: prassi che generalmente – come dimostrano i numeri – travalica il colore delle amministrazioni e i sindaci. E di cui proprio Decaro (e con lui il candidato che ambirà, fra pochi mesi, a prendere suo posto), certo del suo operato, potrebbe giovarsi. E invece, anche qui, a sinistra si pratica la doppia morale. Come per il sospetto. Così per la norma: per gli altri si applica, per i loro si interpreta.